Almeno stando alla proposta della Bundesbank (l’equivalente tedesco della Banca d’Italia), che nel suo bollettino mensile chiede ai Paesi in difficolta di non ricorrere ai soldi dell’Europa o della Bce, ma di imporre una patrimoniale sulle ricchezze private.
Nel bollettino non si fa riferimento a Stati in particolare, ma si può facilmente presumere che ci si riferisca a Grecia, Italia e Spagna, tutti a rischio default e in cui i patrimoni privati pro capite sono superiori a quelli dei tedeschi. Si tratta, in pratica, di una patrimoniale una tantum, di un prelievo forzoso che – si legge – “risponde al principio della responsabilità nazionale, secondo la quale i contribuenti sono responsabili degli obblighi assunti dai propri governi prima di poter reclamare solidarietà da altri Paesi”. “Balza agli occhi come la fiducia nel servizio del debito da parte di alcuni Paesi sia scesa anche se a questo debito pubblico corrispondono patrimonio pubblici e privati molto ampi”, sottolineando ancora dalla Bundesbank, secondo cui la proposta è ancora di difficile attuazione e quindi va riservata solo in caso di rischio concreto di default.
Per uscire dalla spirale della crisi, non serve congelare il debito o fare default, ma costruire rapidamente l’unione fiscale e politica europea. In Italia, occorre puntare su ricerca, formazione, educazione.
[…] Il problema della speculazione sui titoli del debito pubblico è legato non tanto alla dimensione del debito ma a diverse variabili e fra queste un’importanza fondamentale è costituita dai debiti verso l’estero, pubblici e privati.
In esclusiva solo su Reset Italia, riprende il tradizionale appuntamento sui fallimenti bancari in Usa ed il contatore riprende a girare. Il 2011 ha chiuso raggiungendo quota 92.
Il 2012 si era aperto con il fallimento di 3 banche. Central Florida State Bank, The First State Bank e American Eagle Savings Bank. Questa settimana raggiunge quota 23…
La Federal Deposit Insurance Corporation riporta l’elenco aggiornato “Closing date” al 4 Maggio. FDIC aveva verificato che erano oltre 700 le bancheerano a rischio per il 2010, e che i fallimenti negli anni precedenti, erano stati 157 nel 2010, 140 nel 2009, 25 nel 2008, solo 3 nel 2007. Fra fallimenti e fusioni, il numero degli istituti di credito statunitensi potrebbe ridursi a 5.000 nel prossimo decennio dalle attuali 7.932 unità. Il movimento, Move your money, spostate i vostri soldi, lanciato su Facebook, che invita gli americani a togliere i depositi dalle grandi banche salvate dallo stato, raggiunge quota 46.431. La stampa nostrana, specializzata e non, come nel 2009, nel 2010 e nel 2011 continua a non riportare la notizia di questi fallimenti. Forse la notizia rimane questa. Il silenzio della nostra stampa al contrario della Rete…
di Adriana Bernardotti (Buenos Aires)
L’economia è un tema popolare di conversazione in Argentina. Negli anni peggiori della crisi io abitavo ancora in Italia: ogni volta che venivo in visita a questo mio paese avevo la sensazione di dover fare un corso accelerato sulla materia per poter partecipare alle cene tra amici. Alla fine del secolo scorso in Italia non si sentiva parlare di agenzie di rating, rischi di default o pacchetti di salvataggio; meno ancora si conosceva la faccia dei direttori e dei funzionari di alto livello del FMI che approdavano invece regolarmente in Argentina e dettavano le regole dalle prime pagine dei quotidiani locali. Continue reading »
O si trova l’accordo con i creditori privati o si va verso il default. La Grecia è sull’orlo del fallimento e sa che la salvezza passa necessariamente per un accordo con l’Istituto di Finanza Internazionale (Iif), che rappresenta gli interessi degli investitori privati. I negoziati sono in una fase di stagnazione dallo scorso venerdì a causa del mancato accordo sul tasso d’interesse che la Grecia offrirà sui nuovi bond e sul piano per imporre le perdite agli investitori.
Il 5 dicembre Mario Monti ci dirà quali altri sacrifici dovremo fare. Praticamente una lotteria all’incontrario. Mario Monti darà i numeri e noi dovremo fare i conti con quanto ancora dovremo pagare, sepotremo, altrimenti non pagheremo e poi si vedrà. Qualcuno, che fortunatamente non c’è più ci diceva che l’Italia è fuori dalla crisi e invece oggi i telegiornali ci dicono ogni giorno che c’è la crisi. Soldi non se ne vedono, la gente non paga e le uniche scelte che dobbiamo e possiamo fare sono quelle su che cosa dobbiamo rinnciare e che cosa possiamo pagare e cosa invece rinviare.
Al superenalotto almeno qualcuno vince in questa lotteria all’incontrario non vince nessuno e i conti dello Stato vanno sempre peggio.
Non è che la ricetta per uscire dalla crisi è sbagliata? e se è così qual’è la ricetta giusta?
Chissà se tema che qualcuno voglia spezzargli le reni come sperava di fare la buonanima, ma fatto sta che secondo vari siti d’informazione a carattere militare (per esempio qui) la Grecia ha deciso l’acquisto di 400 carrarmati usati dagli Stati Uniti. Il costo dovrebbe aggirarsi tra svariate decine e alcune centinaia di milioni di dollari a seconda se i tank saranno solo risistemati o anche aggiornati con armamenti più moderni.
Come sempre ci prendono in giro. Mentre la popolazione greca è a un passo dalla fame, la classe dirigente (che aveva truccato i bilanci) adesso paga i propri debiti per continuare a stare nel salone delle feste del Titanic che affonda. Non solo i prestiti finiscono alle banche ma finiscono anche al complesso militare industriale statunitense. La BCE, così dura con gli stipendi dei dipendenti pubblici, sembra molto più allegra quando si tratta di alimentare l’affare degli armamenti. BASTA! INDIGNAMOCI!