Nessuno sa – semplicemente perché nessuno glielo dice – che fra poche settimane l’Italia avrà una base militare, tutta sua, in Niger. Fino a poco tempo fa eravamo in coabitazione con i militari francesi, ora ne avremo una tutta nostra. E cosa ci stanno a fare l’esercito italiano e quello francese in Niger? Formalmente per combattere l’Isis e altre organizzazioni jihadiste e terroriste, in realtà per avere il controllo su un territorio ricco di idrocarburi, uranio e altri metalli preziosi.Tradotto: l’Italia sta partecipando attivamente alla spoliazione e allo sfruttamento del continente africano, insieme a tutte le altre grandi potenze capitaliste (seppure con un raggio d’azione minore, ovviamente…). Un processo che, per la verità, dura da secoli. L’Africa, infatti, è un continente ricchissimo di materie prime di cui i legittimi abitanti non hanno però mai goduto perché tutte le ricchezze sono sempre finite e continuano a finire nelle tasche prima delle grandi compagnie e ora delle grandi multinazionali occidentali. Dopo di che qualcuno, soprattutto a “sinistra”, finge di scandalizzarsi per la vergognosa (vergognosa per noi che la tolleriamo e la incentiviamo, sia chiaro, non per le vittime…) ecatombe di migranti che annega, ad intervalli regolari, nelle acque del Mediterraneo, mentre qualcun altro, a destra, sempre fingendo di non conoscere le vere cause che provocano l’immigrazione (cioè lo sfruttamento di cui sopra), invoca porti chiusi e pugno di ferro contro l’immigrazione clandestina. Ma nessuno dei due attori in commedia può spiegare come stanno veramente le cose perché la loro funzione è proprio quella di occultare la realtà vera, cioè lo sfruttamento del terzo mondo da parte del primo mondo di cui l’immigrazione (compresa, soprattutto, quella clandestina) è uno degli effetti. Una Sinistra degna di questo nome, se esistesse, dovrebbe, come minimo, aprire un pubblico dibattito su queste questioni e porsi (e porre) delle domande: “Cosa ci stiamo a fare in Africa? Vogliamo veramente limitare il flusso di immigrati verso l’Europa e il nostro paese? Bè, allora forse dovremmo cominciare a smettere di sfruttare selvaggiamente quei paesi e costruire con loro un rapporto diverso, fondato sulla cooperazione e su uno scambio equo. Se smettessimo di sfruttarli, di derubarli di ciò che è loro, di tenerli in una condizione di semi schiavitù coloniale, potrebbero svilupparsi e migliorare le condizioni di vita dei loro abitanti per i quali, a quel punto, l’immigrazione cesserebbe di essere la sola prospettiva di una più dignitosa esistenza”. E invece non si fa nulla di tutto ciò. Al contrario, si intensifica la nostra presenza militare. Ma intensificare la presenza militare significa rafforzare e accentuare le politiche neocoloniali, lo sfruttamento, il saccheggio e di conseguenza anche l’immigrazione. Del resto, abbiamo visto cosa hanno significato – anche e soprattutto in tema di immigrazione – la criminale aggressione alla Libia e il processo, altrettanto criminale, di destabilizzazione della Siria.Il punto vero è che, in realtà, le classi dirigenti e i governi europei non hanno nessuna intenzione di invertire la rotta e porre fine a quelle politiche. Del resto, chi glielo fa fare? Da una parte hanno un bacino enorme (per lo meno fin quando non si esaurirà) di materie prime a costi irrisori e dall’altra un’immigrazione utile per tenere bassi i salari, ricattare i lavoratori e metterli gli uni (autoctoni) contro gli altri (immigrati). Meglio di così…Per mantenere la pace sociale e dirottare l’attenzione della gente c’è sempre il gigantesco circo mediatico-ideologico che non smette – e non deve smettere neanche per un istante – di suonare la grancassa. L’Italia manda i soldati in Niger? E chi ne sa nulla. Tutti però sanno che Fedez, novello paladino dei diritti lgbt (siccome nessuno ne parla mai…) e noto perseguitato politico (ma non permetteremo che faccia la stessa fine di Assange…), sarebbe stato censurato da quel sistema mediatico di cui egli stesso è parte integrante e a cui deve tutto, soldi, fama, successo, visibilità. Desolante sapere che un simile personaggio che una volta non avrebbe trovato posto neanche come spalla di avanspettacolo abbia milioni di cosiddetti followers, ma questa è l’epoca che ci è toccato in sorte di vivere. Tutti i riflettori accesi su questa ridicola sceneggiata a cui, ovviamente, non potevano sottrarsi i vari leader di partito, ormai da tempo oscurati da questo o quel guitto che gli rubano la scena. Del resto, c’era riuscito anche la “sardina” Matteo Santori a rubare la scena al “vuoto cosmico Zingaretti”, figuriamoci se non ci riesce il collaudato Fedez ai danni del grigio Letta o del compunto “gessato in doppio petto” Di Maio. Solo uno come Salvini, che guitto lo è già di suo e non ha nulla da imparare in tal senso, è in grado di competere e infatti non ha tardato a farsi sentire col cipiglio che lo contraddistingue.In tutto ciò, milioni di precari, disoccupati e sottoccupati, un milione circa di posti di lavoro persi a causa della pandemia, decine di migliaia di esercenti costretti a chiudere, la sanità pubblica – già smantellata e privatizzata – allo stremo, la scuola abbandonata, e tanto altro ancora. Ma questi sono dettagli. Il grande circo sa come far divertire i suoi spettatori.
“Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila)”. Così la Svimez che parla “di sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche”. E definisce “preoccupante la crescita del fenomeno dei ‘working poors'”, ovvero del “lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario”.
Nel 2019 “si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud”. E’ quanto prevede la Svimez, nelle anticipazioni del Rapporto di quest’anno. Nel 2017, si spiega, “il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa” ma “in un contesto di grande incertezza” e “senza politiche adeguate” rischia di “frenare”, con “un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo” nel giro di due anni (dal +1,4% dello scorso anno al +0,7% del prossimo).
“Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati”. E’ questo il ‘bollettino’ della Svimez sulla ‘fuga’ dal Sud, il cui peso demografico non fa che diminuire.
La Svimez, l’associazione per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno, nelle anticipazioni del Rapporto 2018 lancia l’allarme sul “drammatico dualismo generazionale”. E spiega: “il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)”. Insomma, sintetizza, “si è profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani”.