E’ questo il risultato ottenuto, in un modello animale di trauma cranico, dal gruppo di ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano coordinato da Maria Grazia De Simoni. Gli esperimenti sono stati condotti da Elisa Zanier in collaborazione con i ricercatori della Cell Factory ‘Franco Calori’ della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, coordinati da Lorenza Lazzari, dove le cellule sono state caratterizzate e purificate. Lo studio e’ stato realizzato partendo da un’analisi clinica dei traumi cerebrali sviluppata dai rianimatori del Policlinico coordinati dal prof. Nino Stocchetti. Le cellule, somministrate 24 ore dopo il trauma, esercitano una precoce e persistente azione protettiva migliorando la funzione motoria, la memoria e riducendo il danno anatomico.
Traumi cerebrali: con trapianti di cellule è possibile limitarne i danni
Stress cronico: scoperto il processo molecolare che porta al danno cromosomico.
La somministrazione ai topi di agonisti dell’adrenalina ha determinato la degradazione progressiva della proteina di soppressione tumorale p53
Per molti anni numerosi studi hanno mostrato un’associazione lo stress cronico con il danno cromosomico; ma qual è la relazione causale tra questi due fattori? Un meccanismo molecolare in grado di fornire una plausibile risposta è stato scoperto grazie a un nuovo studio condotto presso il Duke University Medical Center.
“Il nostro è probabilmente il primo studio a proporre uno specifico meccanismo grazie al quale un marcatore di stress cronico, l’elevato livello di adrenalina, può alla lunga causare un danno al DNA”, ha commentato Robert J. Lefkowitz, professore di medicina e biochimica della Duke e autore seniordell’articolo apparso sulla rivista Nature.
Nello studio, a un gruppo di topi è stato somministrato un composto simile all’adrenalina che agisce sul recettore beta-adrenergico, che Lefkowitz e colleghi studiano da molti anni, riproducendo le condizioni di stress cronico. In particolare, l’attenzione si è focalizzata sulla P53, una proteina di soppressione tumorale considerata “un guardiano” del genoma, in grado di prevenire anomalie genetiche.
Sclerosi Multipla: attesi i risultati delle staminali sugli interruttori di mielina.
La ricerca sulla sclerosi multipla e’ in fermento. Su due delle direzioni intraprese, sulle cellule staminali e sull’interruttore che regola la produzione di mielina, presto, si potrebbero raggiungere i risultati che da tempo gli scienziati rincorrono: bloccare l’infiammazione alla base della malattia e riparare il danno cerebrale causato dalla morte della mielina.
In entrambi i campi di studio, i ricercatori italiani sono in prima linea, anche grazie ai finanziamenti dell’Aism, (l’Associazione Nazionale Sclerosi Multipla) che oggi ha aperto i lavori del congresso scientifico annuale. Sul fronte delle staminali, entro il 2011 partira’ uno studio internazionale che coinvolge le universita’ di Genova, Verona e l’ospedale San Raffaele di Milano. ”La sperimentazione arriva finalmente sull’uomo – afferma Antonio Uccelli, della Clinica Neurologica Universita’ di Genova e coordinatore della parte italiana dello studio – . Saranno somministrate per infusione cellule staminali mesenchimali autologhe a 20 pazienti con sclerosi multipla”.
Post-infarto: funzionano le staminali
La ricerca dovrà trovare conferme in ulteriori studi e in particolare dovrà essere chiarito quale sia la più efficace delle due popolazioni di cellule staminali utilizzate.Positivi i risultati di un trial preliminare sull’infusione di cellule staminali per il trattamento del muscolo cardiaco colpito da infarto: secondo quanto riferito in un articolo sulla rivista Circulation Research: Journal of the American Heart Association la nuova metodica consente di alleviare il danno tissutale e con ciò ottenre una riduzione delle dimensioni del cuore stesso, contrastando l’ipertrofia cardiaca e inparticolare quella delle pareti dentricolari che è una conseguenza dell’attacco di cuore.
Nel corso della ricerca, a un gruppo di otto pazienti di età media di 57 anni sono state iniettate via catetere cellule staminali ricavate dal loro stesso midollo osseo.
Artrite reumatoide: tra diagnosi tardive e nuovi protocolli di terapia.
artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune a decorso fluttuante e progressivo che conduce alla distruzione articolare con conseguente disabilità fisica. Ad oggi la diagnosi della malattia risulta ancora tardiva e lo specialista a cui il paziente viene inviato non è sempre il reumatologo. Infatti, trascorre in media un anno tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi ed è frequente che si arrivi dal reumatologo e alla terapia più idonea dopo percorsi tortuosi. Il risultato finale? Un paziente con artrite reumatoide su due non raggiunge un buon controllo della malattia o non risponde affatto agli attuali trattamenti con conseguenze invalidanti. In Italia, l’artrite reumatoide, colpisce circa 300 mila persone, nel 75% dei casi donne specie in età lavorativa, tra i 35 e i 50 anni.
Esperti della reumatologia italiana discutono a Sorrento di queste problematiche e delle nuove opportunità terapeutiche in occasione dell’evento “RA therapy: look to change”. Protagonista dell’incontro il nuovo farmaco biologico tocilizumab, un’innovazione terapeutica da poco a disposizione per i pazienti affetti da artrite reumatoide.(liquidarea)