Primo cuore pulsante da cellule staminali
Potrebbero mancare poche settimane al primo battito di un cuore umano fatto crescere a partire da cellule staminali di un paziente. Lo hanno affermato i ricercatori dell’universita’ del Minnesota, secondo cui entro pochi anni potrebbe essere possibile far crescere interi organi adatti ai trapianti.La tecnica ideata dagli esperti statunitensi, presentata al meeting dell’American College of Cardiology in corso a New Orleans, consiste nel prendere il cuore da una persona morta ‘lavandone via’ tutte le cellule e lasciando solo la struttura in collagene che le sostengono. A questo punto si iniettano nello ‘scheletro’ del cuore milioni di cellule staminali prelevate dal paziente, e lo si mette in un ambiente adatto alla crescita.
I ricercatori guidati da Doris Taylor hanno notato che le staminali ‘riconoscono’ la struttura e cominciano a differenziarsi nei vari tessuti: “I cuori che stiamo ‘coltivando’ stanno crescendo bene, e ci aspettiamo i primi battiti nelle prossime settimane – spiega l’esperta – ci sono ancora diversi ostacoli da superare prima di avere un organo pienamente funzionante, ma credo che un giorno sara’ possibile costruire un organo intero pronto per il trapianto”.
Test diagnostici meno esosi con nuove tecniche e senza costosi anticorpi.
Dal laboratorio del Nobel Sharpless in molti test diagnostici sarà possibile sostituire il ricorso ai costosi e delicati anticorpi con peptidi stabili e altamente selettivi ottenuti grazie a una nuova tecnica di sintesi
L’identificazione di specifiche proteine in un preparato biologico viene oggi spesso eseguita ricorrendo all’uso di anticorpi. La tecnica, per quanto efficace, presenta tuttavia diversi inconvenienti, come il costo e la scarsa stabilità degli anticorpi stessi.
Ora, come viene riferito sulla rivista “Angewandte Chemie” un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) e del Scripps Research Institute diretti da K. Barry Sharpless, premio Nobel per la chimica nel 2001, e James R. Heath hanno sviluppato un protocollo che consente la produzione rapida ed economica di composti altamente stabili, costituiti da brevi catene di peptidi, che sono in grado di legare una particolare proteina con un’affinità e una selettività estremamente elevate.
Lo scorso anno Heath e colleghi avevano sviluppato un’apparecchiatura di diagnostica medica delle dimensioni di un vetrino da microscopio, l’Integrated Blood-Barcode Chip, che può separare e analizzare rapidamente decine di proteine presenti in una goccia di sangue.
“Ciò che ci limitava nella capacità di esaminare diciamo 200 proteine con il barcode chip è il fatto che gli anticorpi sono instabili e costosi” spiega Heath. “Così abbiamo cercato di sviluppare degli equivalenti degli anticorpi, che chiamiamo agenti di cattura delle proteine, che potessero legarsi a esse con alta affinità e selettività, e che fossero capaci si superare questo test: metterne una scorta nel portabagagli di una macchina ad agosto a Pasadena e, un anno dopo, ritrovarli ancora funzionali.”
Per ottenere il risultato i ricercatori hanno sfruttato la tecnica di “in situ click chemistry” introdotta proprio da Sharpless nel 2001, che permette la costruzione passo passo a partire da piccoli frammenti peptidi capaci di legarsi a una proteina di interesse.
Protesi dentarie da staminali del paziente.
Un gruppo di scienziati italiani della Seconda Universita’ di Napoli ha sperimentato una tecnica per creare protesi dentarie umane, per uso autologo, ottenute dalle cellule staminali della polpa dentale, ricavate dal paziente stesso, per la rigenerazione ossea.
La sperimentazione clinica nell’uomo, condotto dal gruppo di ricerca guidato da Gianpaolo Papaccio e’ consistita nell’estrazione e espansione delle cellule staminali da polpa dentale dei terzi molari (denti del giudizio) di 17 pazienti che ne hanno richiesto la rimozione. Le cellule sono state poi seminate su un ponteggio di spugna di collagene. Il bio-complesso risultante e’ stato utilizzato per popolare il sito della ferita lasciata dal dente rimosso.
”E’ la prima volta che la ricerca sulle cellule staminali dalla polpa dentale – ha detto Papaccio – si sposta dal laboratorio a test clinici sull’uomo. L’uso di queste cellule ha facilitato il trapianto, eliminando complicazioni immunologiche come rigetto o infiammazione, proprio perche’ le cellule sono estratte dal paziente stesso”.(liquidarea)