Posts tagged ‘cellule tumorali’

giugno 10, 2013

La proteina che alimenta il cancro, che non ha bisogno di ossigeno.

riesce a far sopravvivere le anche senza respirare
La capacità delle di sopravvivere anche in assenza di ossigeno dipende da , una la cui espressione aumenta in molti tipi di . Il suo ruolo cruciale, che la rende un nuovo promettente bersaglio per le , è stato scoperto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova guidato da Andrea Rasola e Paolo Bernardi, che hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche sulla rivista Cell Metabolism.cellula cancerosa 300x199 La proteina che alimenta il cancro, che non ha bisogno di ossigeno

lega ed inibisce la , una dei – le centrali energetiche delle – indispensabile per produrre energia utilizzando l’ossigeno. Questa interazione riduce la respirazione cellulare e stabilizza la Hif1α, la cui attività è richiesta per la crescita dei tumori. Tutto ciò contribuisce al cosiddetto effetto Warburg, un fenomeno che, spiegano Rasola e Bernardi, “rende le capaci di sintetizzarsi da molti dei componenti necessari per la loro proliferazione, che diventa possibile anche in un ambiente estremamente povero di ossigeno”.

marzo 29, 2013

Un farmaco fa ‘dimagrire’ i tumori, studio univ.Bologna-Cnr.

Cellule tumorali e metastasi (fonte: Bettina Weigelin ePeter Friedl, UMC St Radboud Nijmegen) Cellule tumorali e metastasi (fonte: Bettina Weigelin ePeter Friedl, UMC St Radboud Nijmegen)

(ANSA) – BOLOGNA, 28 MAR – Sfruttare la ”fame” di grassi delle cellule tumorali per bloccarne il metabolismo. Il gruppo di lavoro tutto italiano, guidato da Lorenzo Montanaro dell’Universita’ di Bologna e da Gianfranco Peluso dell’Istituto di biochimica delle proteine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibp-Cnr) di Napoli, formatosi 10 anni fa su intuizione del fondatore della Sigma-Tau, Claudio Cavazza, ha dimostrato che e’ possibile bloccare farmacologicamente il metabolismo delle cellule tumorali, colpendole selettivamente. (ANSA).

novembre 11, 2012

Scoperta nuova molecola che blocca cellule tumorali al seno.

brest_cancer

04:16 am | Il gruppo di Oncogenomica Traslazionale dell’Istituto Regina Elena in collaborazione con il Weizmann Institute of Science (Israele) ha pubblicato nell’ultimo numero della rivista scientifica internazionale Embo Molecular Medicine…

11 novembre 2012 / Leggi tutto »

Scienza

aprile 25, 2012

Origano efficace contro le cellule tumorali del cancro alla prostata.

origano

Ancora sui benefici dell’origano, antibatterico ed antinfiammatorio naturale. Stavolta per parlarvi dei suoi effetti contro le cellule tumorali del cancro alla prostata, evidenziati da un recente esperimento dei biologi della Long Island University, presentato ieri alla Experimental Biology 2012, di San Diego, in California.

Il cancro alla prostata colpisce prettamente gli uomini anziani. Si stima che un uomo su 36 morirà di questo tumore, molto aggressivo. Il Dr. Supriya Bavadekar della LIU sta testando le proprietà antitumorali del carvacrolo, un componente dell’origano, per scovare una terapia meno invasiva di quelle attuali: chirurgia, radioterapia, terapia ormonale, chemioterapia e terapia immunitaria.

Ebbene, dai primi test emerge che il composto a base di carvacrolo induce apoptosi nelle cellule tumorali. Detto in parole semplici: programma la morte delle cellule, spingendole al suicidio. Il carvacrolo potrebbe dunque essere utilizzato come agente anticancro all’interno di trattamenti meno invasivi e con effetti collaterali meno devastanti di quelli attuali.

novembre 17, 2011

Le piastrine contribuiscono all’aggregazione delle metastasi.

La stragrande maggioranza dei decessi per , il 90 per cento, e’ dovuta a tumori secondari, le che, secondo gli scienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology), ricevono dalle piastrine un aiuto a svilupparsi.

 

Gli esperti partono dalla premessa che diversi tipi di nell’ambiente del tumore originale svolgono un ruolo nel coadiuvare la rottura delle del per liberarle e diffonderle alle altre parti del corpo. L’analisi si e’ soffermata sul coinvolgimento delle del sistema immunitario e di quelle che formano il tessuto connettivo.

gennaio 31, 2011

TUMORI: ‘COLD CASE’ GENETICI, DOPO 30 ANNI GLI SCIENZIATI CANADESI RISOLVONO DUE ENIGMI .

Due misteri scientifici che duravano da decine di anni e che grazie alla genetica non sono più tali. Arrivano da due studi, pubblicati sul New England Journal of Medicine e sul Journal of the American Medical Association (JAMA), le soluzioni scritte nel Dna a due enigmi che duravano da oltre 30 anni. Nel 1976 a un paziente, Adolfo Pampena, fu diagnosticata una rara forma di cancro che causava una combinazione di sintomi e fu associata all’insorgenza di tumori multipli allo stomaco e al colon. Dopo 35 anni i ricercatori della McGill University, in Canada, hanno isolato il gene responsabile della malattia, BUB1B, coinvolto nel processo di separazione cromosomica. Basta un difetto e i cromosomi possono finire nel posto sbagliato, provocando l’insorgenza dei tumori. “Adesso possiamo anticipare la malattia”, dice William Foulkes, il cui team di ricerca presso la McGill è autore di un’altra scoperta che ha interessato cinque famiglie con una storia di gozzo multinodulare tossico, una rara malattia della tiroide che può portare gonfiori del collo e della laringe. Colpevole, questa volta, è la mutazione del gene DICER1. “Modifica una proteina in un unico posto e questo è sufficiente a provocare il gozzo”, spiega Foulkes.

La scoperta, pubblicato su JAMA, ha notevoli conseguenze. Per esempio, le donne in tre delle famiglie studiate avevano sviluppato una insolita forma di tumore ovarico, chiamato tumore a cellule di Sertoli-Leydig. Il collegamento tra i due problemi era stato solo ipotizzato nel 1974. Il gruppo di Foulkes è stato in grado, grazie all’analisi del Dna, di individuare lo stretto legame tra gozzo multi-nodulare e questi rari tumori”. La prospettiva è rassicurante. Conoscere in anticipo il rischio familiare con analisi genetiche. Impensabile 30-40 anni fa, impensabile come guardare nei geni che provocano il cancro. (ASCA)

gennaio 14, 2011

Un derivato dei coralli del Mar Rosso aiuta a combattere i tumori della pelle.

Forse è nel meccanismo fotosintetico dei coralli una possibile sostanza benefica Forse è nel meccanismo fotosintetico dei coralli una possibile sostanza benefica

Un gruppo di scienziati della South Dakota State University stanno studiando i meccanismi per cui una sostanza derivata dal corallo del Mar Rosso potrebbe contribuire a curare il cancro della pelle. Lo studio ha continuato un precedente lavoro del professor Chandradhar Dwivedi il quale indicava che un composto di una sostanza chiamata sarcophine-diol, può essere isolato dal corallo soffice del Mar Rosso. Il nuovo studio indica che è possibile utilizzare questa sostanza nella prevenzione del cancro della pelle.

settembre 3, 2010

Chemioresistenza: gli italiani del Regina Elena di Roma scoprono la proteina che vanifica in molti casi le cure.

I risultati di un’importante lavoro condotto in prima linea da ricercatori dell’Istituto nazionale Tumori Regina Elena di Roma sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Cancer Cell. Il lavoro individua la proteina Che-1 come possibile bersaglio per bloccare la crescita di cellule tumorali resistenti ai trattamenti chemioterapici. La proteina Che-1 identificata e clonata alcuni anni fa dagli stessi ricercatori del Regina Elena, svolge un ruolo fondamentale in caso di danno al DNA, promuovendo la trascrizione dell’ormai noto gene p53 la cui attivazione induce alla riparazione del DNA danneggiato o alla morte cellulare programmata (apoptosi) nel caso il danno sia irreparabile. In molti tumori tuttavia p53 e’ presente in una forma mutata, detta mtp53, che non solo non e’ piu’ in grado di arrestare la crescita delle cellule malate ma svolge anche un importante ruolo nel favorire la proliferazione tumorale.Forti delle scoperte precedenti su Che-1″, spiega Maurizio Fanciulli, responsabile del gruppo di ricerca, “abbiamo voluto verificare se questa proteina fosse in grado di regolare anche la trascrizione di p53 mutata, e abbiamo avuto risposte affermative. In pratica come Che-1 attiva p53 nelle cellule normali, allo stesso modo attiva p53 mutata nelle cellule cancerose. A questo punto abbiamo testato gli effetti del silenziamento di Che-1 su vari tipi di cellule, utilizzando la metodica dell’RNA interference. Questa tecnica sfrutta il fatto che piccole molecole di RNA (small interfering RNAsiRNA), complementari al tratto di RNA messaggero responsabile dell’espressione di una data proteina, sono in grado di interrompere il processo di traduzione, cosi’ che la proteina non puo’ piu’ essere prodotta.Il lavoro pubblicato su Cancer Cell e’ stato condotto da ricercatori dell’Area di Medicina molecolare del Regina Elena, con la collaborazione di ricercatori dell’Istituto, del dottor Claudio Passananti del CNR e di gruppi di ricerca dell’Universita’ dell’Aquila e dell’ Istituto Superiore di Sanita’.(liquidarea)

luglio 26, 2010

Un nuovo freno alle metastasi ossee.

Un principio attivo intelligente in grado di rallentare gli effetti delle metastasi ossee: si chiama denosumab, ed è l’anticorpo monoclonale che viene dal futuro, quello delle biotecnologie, l’ultima frontiera in tema di sviluppo farmacologico. Presentato oggi in California uno studio che dimostra la sua superiorità rispetto alle terapie attuali nel ridurre e ritardare la comparsa di metastasi ossee nelle pazienti affetti da cancro al seno in 2.049 pazienti affette da carcinoma mammario in stadio avanzato. La superiorità è stata dimostrata nel ritardare una serie di complicazioni ossee gravi, nell’insieme denominate SRE (o eventi scheletrici correlati) e che comprendono anche fratture e compressione del midollo spinale.

“Siamo estremamente lieti dei risultati di questo importante studio, che dimostra come questo anticorpo monoclinale può ridurre o ritardare le gravi complicanze delle metastasi ossee nelle pazienti affette da carcinoma mammario più efficacemente rispetto all’attuale standard terapeutico, e con un profilo beneficio/rischio favorevole – ha dichiarato Roger M. Perlmutter, M.D., Ph.D., Executive Vice President della Ricerca e Sviluppo Amgen – Questi risultati sottolineano l’importanza del RANK Ligand nella progressione delle malattie delle ossa, e promettono di migliorare le cure per le pazienti affette da carcinoma mammario in stadio avanzato”.
Si tratta del primo anticorpo monoclonale totalmente umano in fase finale di sviluppo clinico che bersaglia in maniera specifica il RANK Ligand, il regolatore essenziale degli osteoclasti (le cellule che degradano l’osso).

luglio 8, 2010

Tumori, ricercatori italiani scoprono il gene che blocca le metastasi.

Una ricerca svolta da studiosi delle Università di Padova di Modena e Reggio Emilia, pubblicata sull’autorevole rivista scientifica Cell ha individuato un gene in grado di proteggere l’organismo dalla diffusione delle metastasi tumorali, il gene p63. Due team guidati da Stefano Piccolo (Padova) e da Silvio Bicciato (Modena e Reggio Emilia) hanno infatti scoperto i meccanismi che fanno sì che un tumore non resti localizzato all’organo colpito ma si diffonda ad altre aree del corpo attraverso le metastasi.

Le cellule che formano un tumore non sono molto diverse dalle cellule staminali: entrambi sono infatti dotate di un grande potenziale riproduttivo e hanno la capacità di migrare e trasformarsi in cellule che hanno caratteristiche aspecifiche, in grado cioè di migrare, riprodursi, colonizzare tessuti diversi.

In condizioni normali, la capacità delle cellule di riprodursi ad oltranza è bloccata da una proteina, la p63, che ha il compito di porre un limite al processo di riproduzione cellulare, cellule staminali comprese. Se infatti una cellula staminale si riproducesse all’infinito si comporterebbe né più né meno come una cellula neoplastica: invece, dopo che le cellule staminali hanno formato un particolare tessuto in un organo specifico, ad esempio il fegato o il cervello, la loro crescita viene bloccata da una specie di meccanismo di servocontrollo legato appunto alla proteina p63.

Ma se una cellula staminale tumorale manca del gene che codifica la proteina p63 o questo è inattivo, la cellula diventa potenzialmente immortale: la mancanza della proteina apre la porta a un comportamento aggressivo delle cellule tumorali, alla possibilità cioè di una loro migrazione, vale a dire alle metastasi.