Le monde entier doit savoir, continuez à faire circuler cette image. Elle a été prise en amont de la Coupe du monde de football 2014. En 2016, Rio accueille les Jeux Olympiques et tout va recommencer. Chassés de leurs terres par les géants de l’agroindustrie, les prospecteurs miniers, les constructeurs de barrages, ils ont besoin du soutien de la communauté internationale : www.raoni.com.
VOICI COMMENT LE BRÉSIL TRAITE LES DERNIERS SURVIVANTS DE 514 ANNÉES DE GÉNOCIDE DES PEUPLES INDIGÈNES
Brasile, 20 ecologisti uccisi in due anni: la denuncia di Amnesty International.
Gonzalo Alonso Hernandez non è che l’ultima vittima di una lunga serie di omicidi che hanno avuto come protagonisti attivisti impegnati su questioni ambientali
L’ultima vittima è stato il biologo spagnolo Gonzalo Alonso Hernandez, ma, purtroppo, l’elenco delle vittime nelle file degli ecologisti che operano in Brasile è una sequela di nomi senza fine. La denuncia di Amnesty International è di quelle che fanno gelare il sangue nelle vene: 20 ambientalisti ed ecologisti sono stati assassinati da forze di sicurezza, bande criminali e paramilitari fra il 2011 e il 2012 a causa delle loro prese di posizione per l’ambiente. Sarà anche uno dei Bric, il Paese che ha “abbracciato” Papa Francesco e che per due estati – quella del 2014 e quella del 2016 – sarà il centro del mondo, ma il Brasile resta una nazione ricca di contraddizioni.
Hernandez, 49 anni, noto per la sua lotta contro i bracconieri, è stato trovato morto con numerosi spari alla testa, nello Stato brasiliano di Rio de Janeiro.
Dopo la morte a Rio de Janeiro dell’attivista ambientale spagnolo, Gonzalo Alonso Hernandez, sulla quale si sta ancora investigando, Amnesty International ribadisce la sua preoccupazione per la situazione che stanno vivendo i difensori dei Diritti Umani in Brasile che stanno continuando a subire intimidazioni, ostruzionismi e percosse da parte delle forze di sicurezza, dei gruppi paramilitari e delle bande criminali
ha comunicato Amnesty International in una nota.
Laísa Santos, membro del gruppo Trabajadoras Artesanales Extractivistas che lavora per la difesa dell’Amazzonia, dopo essere stato minacciato di morte ha subito l’assassinio della sorella e del cognato, come forma di rappresaglia alla sua attività. Il PIL non è l’unico termometro del benessere e in Brasile la strada verso una presa di coscienze dei problemi ambientali sembra essere ancora molto lunga.
Il popolo brasiliano conquista le royalties del petrolio: andranno a sanità e istruzione.
royalties del petrolio
Se mai la Confederation Cup sarà ricordata da qualcuno, sarà per la vittoria del popolo Brasiliano sul proprio governo. I risultati ottenuti dal movimento di protesta nato circa un mese fa sono già enormi. Proprio ieri, 2 luglio 2013, è stata infatti approvata anche dal Senato la legge sulle royalties del petrolio discussa la settimana scorsa alla Camera,ies verranno distribuite tra istruzione e sanità, con rispettive percentuali del 75% e 25%: questo provvedimento . Il totale di queste royalt adesso è legge. E, contestualmente, per risolvere il problema dei mezzi pubblici, dopo la rinuncia ai rincari da parte di molti governi locali, è stato invece proposto di abbassare il prezzo del diesel e di investire 25 miliardi di dollari in mobilità urbana.Significativo il discorso d’apertura del presidente Dilma Rousseff all’incontro con il governo: “La gente è ora fuori nelle strade dicendo che il loro desiderio di cambiamento continua, che questo cambiamento deve aumentare, e attuarsi con maggiore velocità. Il paese vuole una rappresentazione politica responsabile, una società dove i cittadini, e non le potenze economiche, vengono al primo posto. E’ una cosa buona che la gente stia esprimendo tutto questo a voce alta”. Si spera che la presidenta sia di parola e che la legge appena approvata di trasformi in realtà, come chiesto a gran voce dal popolo brasiliano.
Caos in Brasile, un milione e mezzo in piazza, due morti. Fifa minaccia: “Basta proteste o torneo sarà sospeso”.
In Brasile ormai è caos assoluto. Manifestazioni in tutte le città del paese stanno facendo tremare governo e Fifa contemporaneamente. La polizia carica pesantemente, usa lacrimogeni e pallottole di gomma. Ci sarebbero centinaia di feriti e due morti. Nonostante la decisione di alcune …Visualizza altro
Il Brasile non gioca più
Le proteste vanno in realtà avanti da mesi, nate per contestare gli sprechi e le spese eccessive sostenute dal governo per i Mondiali di calcio del 2014.
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Brasile, è allarme per la marea nera in arrivo dall’Ecuador.

E’ allarme in Brasile per una marea nera di petrolio che avanza inesorabile verso il Rio delle Amazzoni: era il 31 maggio scorso quando una frana del terreno in un settore che attraversa la località di El Reventador, nella regione di Sucumnios in Ecuador, danneggiava gravemente l’oleodotto SOT (Oleodotto Transequatoriano) di proprietà Petroecuador, facendo riversare 11mila barili di di petrolio nel Rio Coca.
Nonostante le autorità ecuadoriane si siano immediatamente attivate, 7 mila barili di petrolio (circa 1 milione di litri) hanno lentamente raggiunto, viaggiando sul Rio Coca, il Rio Napo, un importante affluente del Rio delle Amazzoni che bagna Ecuador, Perù e Brasile: proprio la scorsa settimana la lenta marea nera di morte e veleni è arrivata in territorio peruviano.
I 140 metri di oleodotto danneggiati hanno letteralmente creato un problema da milioni di dollari: è infatti un vero e proprio disastro ambientale quello che sta avvenendo adesso, proprio in queste ore, in sudamerica: l’Istituto brasiliano per l’ambiente e l’Agenzia nazionale Petrolifera seguono la situazione da vicino, in collegamento con le ambasciate brasiliane a Quito e Lima e con le autorità peruviane e ecuadoriane, ma fino ad oggi non è stata trovata nessuna soluzione concreta al pericolo.
E’ finito il tempo delle crescite miracolose.
Dani Rodrik
Nessuno può fare più affidamento su prospettive di “crescita miracolosa”. E’ questo il messaggio che ci consegna Dani Rodrik su Project Syndicate, sollevando ulteriori dubbi sui tempi entro i quali le economie occidentali potranno dirsi fuori dalla crisi. Perciò se nei mesi passati molte speranze sono state riposte nella crescita accelerata registrata dalle economie emergenti, sarà meglio che al più presto ci si renda conto che anche questa parte dell’economia mondiale sta registrando una frenata e che, pur nelle migliori previsioni, la ripresa del cammino della crescita non eguaglierà i risultati conseguiti negli ultimi anni.
Rio 20+, le atrocità ambientali del Brasile.
Der Spiegel fa le pulci al Brasile Paese che ospita Rio20+ Conferenza internazionale sullo sviluppo sostenibile (sparita la dicitura cambiamenti climatici, sembra non siano capiti dai media).
Ebbene, scrivono i tedeschi, il paese che si presenta come una nazione moderna e attenta alla tutela degli ecosistemi nasconde in realtà una lunga lista di atrocità ambientali:
con la riforma del codice forestale si concede l’amnistia ai taglialegna di frodo, è più economico e più redditizio abbattere la foresta pluviale. Prima vanno giù alberi secolari, poi il trattore dissoda e infine si pianta soia e si inizia anche l’allevamento di bovini. In futuro, alle aziende agricole della regione amazzonica sarà consentito di deforestare il 50 per cento anziché l’attuale 20 per cento delle loro terre; inoltre, il governo sta accelerando la costruzione di centinaia di dighe nella regione e ciò causerà l’inondazione di migliaia di chilometri quadrati e lo spostamento di interi villaggi e insediamenti agricoli. La presidente Rousseff ha privato l’Agenzia ambientale del Brasile della maggior parte delle competenze; il governo vuole accelerare i grandi progetti, concedendo attività mineraria estrattiva nelle riserve indiane e la costruzione di nuove strade. La regolamentazione della proprietà della terra, il problema più grande nella regione amazzonica, sta procedendo a passo di lumaca. Nel frattempo, le aziende agricole che sono state messe in piedi illegalmente vengono acquistate e vendute su Internet.
Il lato devastante del land grabbing.
Si chiama land grabbing, ovvero saccheggio del territorio. Un fenomeno crescente in Africa ma anche in altre zone svantaggiate del mondo in cui le popolazioni non riescono a fermare la posizione straniera delle proprie risorse.
Adesso però sta nascendo una nuova consapevolezza e persino i popoli indigeni di Panama cercano di ribellarsi.
Violazione dei diritti unami, mancanza di assenso libero e preventivo e poi contratti iniqui, affitti irrisori, vendita di terreni in cambio di promesse di posti di lavoro e nuove infrastrutture ma anche assenza di studi adeguati sull’impatto ambientale. Dietro al “land grabbing“, l’accaparramento di terre nei paesi a sud del mondo c’è tutto questo. La corsa all’acquisto senza regole sale nel biennio 2007-2008 per la crisi dei prezzi, ma le multinazionali, solamente in Africa, dal 2000 ad oggi si sono aggiudicate una superficie pari a 8 volte la Gran Bretagna.
Il land grabbing fa male a tutti ed è un esempio di un egoismo anche economico. Sono soprattutto Cina ed alcuni paesi arabi che hanno petrolio ma non hanno terra agricola, e ultimamente anche il Brasile, che ha esigenza di complemento delle sue colture, vanno in paesi poveri, comperano o affittano grandi estensioni di terreno e si mettono a produrre lì quello che per diversi motivi non possono produrre a casa loro.