A distanza di qualche mese viene diramato l’elenco dal Ministero della Salute dei 47 comuni inquinati. In pratica moltissimi comuni del Napoletano e del Casertano, milioni di persone a rischio di gravi malattie. La popolazione in questi comuni e a forte rischio di malattie del cancro, malattie respiratorie ed endocrine. In più tutte le sostanze inquinanti, diossine, pcb (policlorobifenili) e metalli pesanti e ftalati possono portare alterazioni in diversi organi e apparati. Sono sostanze che possono essere cancerogene e mutagene, e quindi provocare malattie degenerative nervose, alzheimer, parkinson e anche diabete. Questo l’elenco dei 47 comuni:
Acerra, Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano, Cancello ed Arnone, Capodrise,Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal di Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla,Caserta, Castelvolturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino, Cesa, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Curti,Falciano del Massico, Francolise, Frignano, Giugliano in Campania, Grazzanise, Gricignano di Aversa,Lusciano, Macerata Campania, Maddaloni, Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli,Mondragone, Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete, Pomigliano d’Arco, Portico di Caserta, Pozzuoli,Qualiano, Quarto, Recale, Roccarainola, San Cipriano d’Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa, Sant’Arpino, Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola, Trentola- Ducenta, Tufino, Villa di Briano, Villa Literno, Villaricca e Visciano.
Ecco l’elenco dei 47 comuni campani più inquinati dalla camorra fornito dal ministero della salute.
A Bossi non piacerebbe.
Per la ricorrenza dei morti, mio cugino Angelo, ormai milanese doc, è venuto a trovarmi ad Avellino. Pinuccia che conosce le sue abitudini gli ha preparato, fra l’altro, uno dei suoi piatti preferiti: la Parmigiana di Melanzane. Si tratta di un piatto completo dal sapore unico, direi mitologico. La parmigiana infatti evoca culture diverse e contaminazioni fra varie tradizioni culturali. Già il nome trae in inganno perché la nostra pietanza poco o nulla ha che fare con la cittadina emiliana. Infatti la parmigiana è una pietanza meridionalissima. nata a Napoli e in Sicilia, si è poi diffusa in tutta Italia. Per la preparazione della Parmigiana bisogna disporre in una teglia tre strati di cibi differenti, cucinati in maniera diversa. Il primo strato è di melanzane fritte. Sopra, dopo una spolverata abbonante di parmigiano, si mette uno strato di ragù e su questo pezzetti di mozzarella o affumicata o di bufala e infine, dopo un altro strato di melanzane, ragù e parmigian grattato. La parmigiana è dunque un piatto multiculturale, perché le sue pietanze vengono da diverse parti del mondo. La melanzana è di origine indiana, portata dagli arabi in Occidente nel Medioevo, dal latino mala insana, a causa della cattiva fama procuratasi perché ritenuta velenosa, a partire dal giudizio di alcuni medici e “dietisti islamici”: “Ibn Sina la collega a molte malattie, dalla lebbra al cancro fino alla cefalgia e alle emorroidi. Ibn Masawayh afferma che copre la bocca di pustole […] Genera malinconia secondo Ali ben Rabban al-Tabari” (Riera-Melis 2002, p. 15).Il pomodoro a sua volta è nativo della zona del centro-Sud America. Gli aztechi lo chiamarono xitomatl. La data del suo arrivo in Europa è l’anno 1540.L’altro elemento i parmigiano è italiano del Nord Italia e la mozzarella è del sud, anzi campana: nata ad Aversa e perfezionata nella piana dal Sele, anche se il bufalo è un animale, originario dell’India orientale introdotto in seguito all’invasione dei Longobardi, o secondo altri dai Re Normanni intorno all’anno 1000 che lo portarono nel continente dalla Sicilia, dove era stato introdotto dagli Arabi. Infine a legare tutto c’è l’olio di oliva che non può essere che mediterraneo, unendo, quindi, in un unico elemento tutte le culture che si affacciano sul mare di mezzo.
La parmigiana di melanzane è un esempio concreto di contaminazione di popoli e culture. I suoi ingredienti che non vengono schiacciati o spremuti o pestati comunicano fra loro senza perdere identità, anzi integrandosi ed esaltandosi vicendevolmente, uniti dall’olio di oliva che mette in relazione i diversi sapori e ne facilita la convivenza. Un vero inno all’integrazione dei popoli.
Ad alcuni la parmigiana piace riposata, cioè mangiata il giorno dopo la cottura. Anche questo elemento è forse la prova che l’integrazione fra culture ha bisogno di tempo per crescere e maturare. Per iniziare, però, bisogna mettere uno strato di melanzane fritte in una teglia.