Gli scienziati del Sanford-Burnham Medical Research Institute hanno scoperto un gene sul quale si puo’ andare ad agire per pevenire l’indurimento delle pareti arteriose. Lo studio compare sulla rivista ‘Arteriosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology’. Il gene in questione si chiama Dkk1 e codifica per una proteina che gioca un ruolo nell’incremento della popolazione delle cellule del tessuto connettivo durante la riparazione delle ferite.
Si tratta di un’attivita’ eccessivamente prolungata di questo gene puo’ pero’ portare a fibrosi e all’irrigidimento delle arterie. La scoperta suggerisce che lo sviluppo di terapie farmacologiche che inibiscano selettivamente l’attivita’ endoteliale del gene Dkk1 potrebbe limitare le malattie arterioscleroriche.
Arterie: scoperto un gene implicato nel loro indurimento.
Due milioni di italiani a rischio cardiovascolare.
Circa 2 milioni di italiani convivono con problemi cardiovascolari conclamati e si sono lasciati alle spalle già un infarto o altri incidenti a cuore e vasi. Ma almeno altri 4 milioni di connazionali sono ad alto o altissimo rischio di incappare in eventi cardiaci potenzialmente mortali.
Nella patria della dieta mediterranea, dunque, si contano circa 6 milioni di abitanti con le arterie malate, spiega l’Adnkronos Salute Alberico Catapano, presidente eletto della Società europea per lo studio dell’aterosclerosi (Eas), in Congresso a Milano da domani a lunedì 28 maggio.
E a intasare le autostrade del sangue è soprattutto il pranzo, che rischia di ‘avvelenarle’ alzando i livelli di trigliceridi fino a triplicarli. L”ingorgo’ si crea già nell’ora successiva al pasto; può sfociare in attacchi ischemici e, alla lunga, può causare anche il diabete. Ma la buona notizia è che lo sport, purché aerobico, può neutralizzare questo effetto. L’insidia del break di mezzogiorno e dintorni è uno dei temi che torneranno alla ribalta dell’80esimo meeting Eas, presieduto da Catapano che dal 1 gennaio 2013 sarà il primo italiano alla guida della Società europea dell’aterosclerosi.
“L’elevato livello di trigliceridi è dovuto agli acidi grassi liberi che vengono rilasciati dal tessuto adiposo – ricorda l’esperto, ordinario di farmacologia all’università degli Studi di Milano – contribuendo così a un maggiore rischio di malattie cardiache e problemi coronarici, un effetto che è più evidente nei soggetti anziani”. Ma la fase più critica è proprio quella post-prandiale, segnalata come la più pericolosa già da uno studio pubblicato 2 anni fa sulla rivista ‘Atherosclerosis’.
Fecondazione “in vitro”: possibile eredità di rischi vascolari nel nascituro.
Uno studio svizzero ipotizza rischi vascolari per i bambini nati da fecondazione in vitro o altre tecniche di procreazione assistita.
Secondo quanto riporta il quotidiano francese ‘Le Monde’, in un programma televisivo andato in onda sulla tv elvetica RTS alcuni medici svizzeri hanno mostrato le tappe di uno studio durato quattro anni – pubblicato sulla rivista on line ‘Circulation’ – che prende in esame alcuni dei pericoli connessi alla fecondazione in vitro. In particolare Urs Scherrer, cardiologo all’ospedale universitario di Berna, e i suoi colleghi hanno studiato 65 casi di bambini in buona salute, di circa 12 anni, nati mediante tecniche di procreazione assistita: rispetto al gruppo di controllo (57 bambini concepiti naturalmente) le arterie sono apparse piu’ rigide e meno sensibili all’espansione. La parete interna delle arterie carotidee, inoltre, e’ apparsa piu’ spessa e a 3500 metri d’altezza la pressione delle arterie polmonari e’ stata del 30 per cento piu’ elevata.
Infarto: i raggi a infrarossi permettono diagnosi più accurate.
Consente ai medici di analizzare le arterie con una risoluzione di un centesimo di millimetro, permettendo di conoscere le cause di angina e infarto.
Il nuovo macchinario, in dotazione all’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, “è di fondamentale importanza – spiega Luigi Oltrona Visconti, direttore di Cardiologia del Policlinico – perché ora possiamo capire le cause degli infarti ed elaborare con più precisione l’intervento di angioplastica. Questa macchina permette di avere immagini ingrandite nei minimi particolari e più nitide rispetto al passato”.
La nuova tecnologia si chiama OCT e costa 100 mila euro. Ad acquistarla ci ha pensato la Fondazione Comunitaria della Cariplo di Pavia.
Dall’UCLA studio sulla correlazione tra colesterolo e osteoporosi.
HDL, LDL, diagramma (in inglese)
Il colesterolo implicato in patologie come l’osteoporosi e la perdita di densità delle ossa
Il colesterolo, ahimè, non fa male solo al cuore e alle arterie ma anche alle ossa. Questo era già stato suggerito da alcuni precedenti studi, tuttavia il collegamento non era mai stato chiarito.
L’osteoporosi, per esempio, colpisce un importante fetta della popolazione e il numero di pazienti pare essere in continuo aumento. E, a contribuire alla diffusione di questa malattia, che assume anche carattere invalidante, c’è anche il colesterolo. Con un collegamento diretto. Lo suggerisce un recente studio ad opera di ricercatori americani del David Geffen School of Medicine presso l’Università della California a Los Angeles (UCLA).
Scoperto il meccanismo-legame tra sale ed ipertensione.
Un team di ricercatori della Boston University School of Medicine (BUSM), sfata il luogo comune secondo cui l’ipertensione e’ semplicemente dovuta all’eccesso di sale nelle arterie.
Pubblicato online sul Journal of Hypertension, lo studio dimostra che l’eccesso di sale stimola il sistema nervoso simpatico per la produzione di adrenalina, che a sua volta e’ causa di costrizione delle arterie e di ipertensione. La ricerca e’ stata condotta da Irene Gavras e Haralambos Gavras, entrambi professori di Medicina presso la BUSM. “Lo scopo di questo lavoro – ha dichiarato la Gavras – e’ quello di correggere un concetto erroneo prevalso per molti anni, nonostante evidenze scientifiche abbiano da tempo mostrato il contrario”.
Placche aterosclerotiche sciolte con le statine, e giù anche il colesterolo.
Le placche aterosclerotiche possono essere sciolte dalle statine, farmaci d’elezione per il controllo dei livelli di colesterolo.
A dare la notizia è PLoS One, che ha pubblicato i risultati di una ricerca che offre una spiegazione ai risultati di un recente studio clinico in cui è stato osservato che i pazienti che assumono dosi elevate di questi farmaci anti-colesterolo vedono diminuire il numero di placche presenti nelle loro arterie. “La nostra nuova ricerca mostra che le statine promuovono la regressione dell’aterosclerosi alterando l’espressione di uno specifico recettore della superficie cellulare all’interno delle placche”, spiega Edward Fisher, coautore dello studio.
Sale e ipertensione arteriosa: cosa c’e’ all’origine della correlazione
In seguito al consumo di sale, le persone predisposte mantengono più facimente la temperatura corporea, a discapito del controllo della pressione
Una nuova ricerca della Case Western Reserve University School of Medicine e della Kent State University ha permesso di compiere un notevole passo in avanti nella comprensione dei meccanismi che determinano la correlazione tra consumo di sale e pressione arteriosa. Secondo i risultati dello studio, il cui resoconto è apparso sulla rivista Hypertension Research, il sale indurrebbe un aumento dei valori pressori perché renderebbe più difficoltoso per il sistema cardiovascolare regolare sia la pressione sanguigna sia la temperatura.
Da decenni, la ricerca medica sa cercando di chiarire in che modo i valori di pressione siano legati all’introito di sale. Alcuni individui, descritti come altamente sensibili, mostrano un incremento della pressione arteriosa, contrariamente alle persone in cui tale reazione fisiologica non si verifica.
Cuore a rischio senza sufficiente vitamina D.
La carenza di vitamina D mette a rischio le arterie, che perdono la loro elasticita’. Lo afferma uno studio presentato al meeting dell’American College of Cardiology, secondo cui questa condizione porta a pressione alta e maggior rischio cardiovascolare.
I ricercatori della Emory University hanno studiato 554 persone sane intorno ai 47 anni d’eta’ verificando il tasso di vitamina D nel sangue, che nel 14 per cento dei casi era sotto i 20 nanogrammi per millilitro, mentre nel 33 per cento sotto i 30. A tutti i partecipanti e’ stata misurata l’elasticita’ delle arterie comprimendo il braccio e misurando la velocita’ di rilassamento dei vasi sanguigni e con altri metodi: il risultato e’ stato che le persone con scarsi livelli di vitamina D avevano le arterie piu’ indurite, ma la condizione e’ stata rimossa dopo la somministrazione per sei mesi di supplementi.
“Non sappiamo bene il meccanismo che lega la vitamina D alle arterie”, hanno spiegato gli autori, “potrebbero essere coinvolte le cellule endoteliali dei muscoli intorno ai vasi, o l’ormone angiotensina che regola l’apertura e la chiusura delle arterie. Il risultato pero’ ci dice che la salute del cuore passa per un sufficiente tasso di vitamina D nel sangue” .
Aterosclerosi e nuove tecniche per dilatazione arterie: nuove tecniche.
I “palloncini medicali” sono la nuova frontiera nella terapia di una malattia che dai problemi di movimento può arrivare a richiedere l’amputazione. La tecnica sarà meno invasiva e sostituirà i tubicini nell’opera di dilatazione delle arterie
La chiamano ‘malattia delle vetrine’ perché chi ne è affetto è costretto a fare frequenti soste, per trovare sollievo dal dolore crampiforme che morde cosce e polpacci. La causa è il mancato arrivo di sangue ossigenato, che non passa per le arterie ristrette e dietro questo sintomo si nasconde l’aterosclerosi che colpisce le arterie degli arti inferiori. La malattia ha gradi crescenti di gravità, che sul piano clinico vanno dal dolore crampiforme al polpaccio o alla coscia (la cosiddetta claudicatio intermittens) fino alla necessità di ricorrere all’amputazione per salvare il paziente dalle conseguenze fatali della gangrena.