Posts tagged ‘amniocentesi’

gennaio 6, 2011

Amniocentesi: ricorrere agli antibiotici prima dell’esame potrebbe dimezzare rischi aborto.

Antibiotici ‘salva bebè’ prima dell’amniocentesi: l’uso sempre maggiore di questi farmaci prima di eseguire l’esame ha ridotto il rischio aborto da 1 su 100 a meno di 1 su 1000. Ad affermarlo è Paolo Scollo, direttore del dipartimento Materno infantile e dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania e vicepresidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo).

 

“Nei reparti di Ostetricia – ribadisce l’esperto – il numero di donne in gravidanza ricoverate per complicanze dell’amniocentesi si è, nel corso degli anni, notevolmente ridotto: in passato il rischio di aborto era dell’1%, che è sceso progressivamente allo 0,3-0,5%. L’assunzione di antibiotici prima dell’esame è finalizzata a contrastare i batteri che normalmente colonizzano le vie genitali femminili anche durante la gravidanza e che, sfruttando il momento del prelievo del liquido amniotico, possono causare infezioni al liquido stesso, determinando di conseguenza la rottura del sacco amniotico in cui è contenuto il bambino. Il rischio di aborto legato all’amniocentesi, infatti, non dipende strettamente dal prelievo in sé, ma è legato all’eventualità che il liquido si infetti, nei giorni immediatamente successivi”.

dicembre 27, 2010

Amniocentesi addio? In arrivo le gravidanze di serie B

Stop all’amniocentesi gratuita. Da gennaio 2011 solo le donne incinte “a rischio” potranno eseguire il test che rivela anomalie genetiche nel feto. Le altre dovranno rivolgersi ai privati

Stando ai dati relativi al 2007 sulla diagnosi prenatale, ogni 100 parti sono state effettuate circa 15,4 amniocentesi. Questi test sono stati effettuati in quasi la metà delle donne di età superiore a 40 anni. Il motivo è semplice: dopo i 35 anni, le donne incinte presentano un elevato rischio di mettere al mondo un figlio con anomalie genetiche gravi che possono portare in età adulta handicap anche gravi.

 Il nuovo indirizzo della linea-guida stabilisce che l’amniocentesi e della villocentesi possono essere eseguite gratuitamente solo alle donne risultate positive ad un test sul sangue, da effettuare tra l’11esima e la 13esima settimana; una prova combinata basata su età materna, la translucenza nucale ed alcuni valori nel sangue, che permette di individuare le donne a rischio. Fino ad oggi, invece, tutte le donne over 35 avevano diritto all’analisi sempre e comunque gratis

dicembre 10, 2010

Mappato il genoma di un feto dal sangue materno. Amniocentesi addio?

 

 

Mappato per la prima volta l’intero genoma di un feto, utilizzando un campione di sangue della madre. Un metodo che potrà consentire di rivoluzionare la diagnosi genetica prenatale di varie gravi malattie genetiche, rendendola molto meno invasiva rispetto a oggi.

Come riporta la rivista ‘Science Translational Medicine’, nel 1997 il team di ricercatori guidati da Dennis Lo alla Chinese University di Hong Kong aveva dimostrato che nel plasma sanguigno materno è possibile rilevare il Dna ‘galleggiante’ del feto, che passa attraverso la placenta grazie al distaccamento di cellule morte.

Questa scoperta aveva attirato molta attenzione nella comunità scientifica mondiale, perché apriva la strada alla possibilità di diagnosi prenatale senza l’utilizzo di metodi come l’amniocentesi, che comporta, anche se basso, un rischio di aborto.

luglio 1, 2010

si abbandona l’amniocentesi: arrivano test del sangue ancora in trial.

Non sarà più necessario sottoporsi ad amniocentesi o prelievo dei villi coriali per sapere se il figlio che si porta in grembo è affetto da anomalie cromosomiche. Basterà una semplice, e non invasiva analisi del sangue, che permetterà di evitare quindi il rischio di aborto legato a queste metodiche invasive. La notizia arriva dalla 26/a assemblea annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre), dove alcuni ricercatori olandesi hanno presentato il risultato del loro lavoro.
SONDE MOLECOLARI – «Siamo riusciti a utilizzare sonde genetiche e molecolari – spiega Suzanna Frints, genetista clinica del Centro Medico dell’Università – per rilevare il dna del feto in campioni di sangue prelevati da donne in gravidanza». Finora i ricercatori sono riusciti a identificare il dna dal cromosoma Y, a indicare che il feto è maschio e potrebbe rischiare di ereditare una disfunzione legata al cromosoma X come la distrofia muscolare di Duchenne o l’emofilia. Ma gli scienziati ritengono che sia possibile adottare lo stesso metodo per rilevare la trisomia 21 (dove un cromosoma 21 in più provoca la sindrome di Down), la trisomia 13 e 18 (responsabili della sindrome di Patau e di Edwards). La tecnica utilizzata si chiama mlpa (amplificazione legatura-dipendente multipla della sonda) e consente di rilevare il dna fetale presente nel sangue delle donne incinte da almeno 6-8 settimane. Fa parte di un kit già esistente e utilizzato in tutto il mondo per rilevare anomalie cromosomiche nel liquido amniotico o nei campioni di villi coriali prelevati dalle donne in gravidanza con metodiche invasive. (liquidarea)