Posts tagged ‘Amato’

gennaio 25, 2015

Signori in carrozza!

marzo 4, 2014

Ci tocca difendere anche Craxi

Ritorno su un argomento (ma cercherò di essere il più sintetico possibile) che ho spesso affrontato. Perchè un socialista di radici lombardiane è stato spesso costretto a difendere Craxi. Nichi Vendola ha recentemente affermato che la storia del PSI dal 1976 in poi è spesso stata trattata alla stregua di un “romanzo criminale” e ciò è profondamente ingiusto, ha aggiunto. Fabrizio Barca ha detto che quella del PSI del primo Craxi è stata la ultima grande elaborazione culturale fatta a sinistra. Un parere nettamente diverso da quelli della “società civile” che hanno promosso la lista pro-Tsipras (povero Tsipras) in particolare i Curzio Maltese (un modesto scrivano che in altre epoche storiche avrebbe pulito i cessi dei giornali) , le Barbar Spinelli e dulcis in fundo Paolo Flores d’Arcais (qualcuno dice che è pure jettatore) che in verità fu prima un ultras craxiano per poi diventare dipietrista, ingroista , paragnosta ecc ecc. E’ gente da poco che però ha la potenza mediatica di “Repubblica” alle spalle. Ma la riduzione di Craxi a puro fenomeno criminale è stato funzionale ad un preciso disegno politico: quello dell’Ulivo che avrebbe dovuto rinnovare il sogno berlingueriano del “compromesso storico”. Non a caso Berlinguer e Moro sono le due icone del PD (poi forse REnzi vorrà sostituirli con la sua statua). Noi laburisti sostenemmo D’alema (facemmo un errore mortale ) perchè pensavamo che potesse contrapporsi all’asse Prodi-Veltroni che esplicitamente proponeva l’Ulivo Mondiale (Renzi ci è arrivato con grande ritardo) in sostituzione della Internazionale Socialista. Ma D’alema era ancora peggio di loro, perchè doppio , viscido e sfuggente (come del resto lo sono i peggiori prodotti di una certa logica burocratica). E’ inutile che mi soffermi sui guai da costoro provocati: li abbiamo sotto i ns occhi. Insomma l’antisocialismo era ciò che giustificava l’asse deleterio post-Pci e post-Dc. A sinistra (soprattutto i soloni del Manifesto) tutti si sciacquano la bocca con Marx . Ma spesso di Marx non hanno capito un cazzo. Perchè se si applicassero gli strumenti forniti dall’analisi marxiana alla fondazione della II Repubblica , ci renderemmo tutti conto che Craxi è stato liquidato dai poteri forti per eliminare quello che più si opponeva alle privatizzazioni made in Goldman Sachs e quello che era più scettico su Maastricht (a differenza di Amato e De Michelis). Sulle sue pesanti responsabilità su una gestione del partito che ha fatto grossi danni mi sono soffermato più volte (ma chi oggi dei ledaer attuali può dare lezioni di etica politica a qualcuno?). Però Craxi fu molto coraggioso in politica estera (e questo coraggio l’ha pagato) e fu un difensore della economia mista e dell’intervento pubblico in economia. Giorgio Ruffolo amava dire: “io sono stato un critico di Craxi ma non un suo antagonosta”. Per dire che c’erano delle intuizioni serie e condivisibili nella sua politica, ma accompagnata da una gestione per partito condannabilissima. E comunque Craxi è un gigante rispetto ai nani odierni.

Giuseppe Giudice

aprile 24, 2013

Gente in gamba.

Il vicesegretario del Partito Democratico Enrico Letta sta per formare un nuovo governo. Il 15 settembre 2007, intervistato dal Corriere della Sera, dichiara:

«Nel mio governo ideale vorrei gente in gamba, anche se sta nella Casa della Libertà di Berlusconi: penso a mio zio Gianni, a Casini, a Tabacci, a Vietti e a Tremonti».

[continua sul sito dell’Espresso]

aprile 24, 2013

I problemi della gente!

Senato della Repubblica. Ore 13.20. Si parla di Abruzzo ed Emilia. Si parla di ricostruzione. Ed i banchi del centrodestra, “desolatamente vuoti“, scrive la Pd Laura Puppato. Ecco la foto.

 

Maggio 3, 2012

Perché la spending review è sbagliata.

Spending review, revisione della spesa. E’ questo il mantra degli ultimi giorni, con la nomina della commissione formata dai tecnici Bondi, Amato e Giavazzi. Sull’argomento le battute sono sin troppo facili: un governo di tecnici che nomina altri tecnici (di cui però uno è in realtà anche un politico).

Al di là di ciò, la spending review significa una cosa semplice: tagli alla spesa. Attenzione: l’obiettivo del governo non è la riqualificazione della spesa stessa, attraverso l’eliminazione delle spese meno produttive e l’utilizzo delle somme così risparmiate per investimenti e spese più utili. L’obiettivo dichiarato è diminuire la spesa pubblica.

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Maggio 3, 2012

Morgan delegato alla spending rewue.

Morgan è il mio cane. Un West Highland withe terrier, ha dodici anni, è sordo e fa le puzze.

Ma ha un luminoso avvenire davanti a sè. Molto presto Mario Monti lo chiamerà a studiare alternative per il rigore coniugato con la crescita.

Non vedo perchè no!  Berlusconi viene fatto cadere da Napolitano perchè un altro mese di gestione scellerata e di bunga bunga  ci avrebbe fatto fare la fine della Grecia. Arriva Monti che fa la riforma delle pensioni a danno dei pensionati e dei giovani, modifica l’art.18 dello Statuto dei lavoratori, mette una serie di balzelli a spese delle persone con reddito fisso ed alla fine si arrende. La resa vien firmata con l’arrivo di Bondi e Amato, già ministro socialista, ma pronto a tutto per un pugno di euro in più alle sue due laute pensioni. Monto sa già che nè Bondi nè Amato daranno risposte concrete alle sue domande, e che fa? Predispone un modulo per chiedere a noi cittadini come fare la spending rewue. Io so già che fine farà quel modulo.  Allora perchè non Morgan?

E’ sordo, muto  e ci vede anche male. Il prototipo dello statista.

marzo 19, 2012

Il principio dello scarafaggio.

 

I 31 miliardi di dollari, circa 24 miliardi di euro al cambio attuale, che l’Italia ha perso dal 1994 ad oggi per errate manovre sui prodotti derivati (a tutto vantaggio di un ristretto manipolo di banche estere tra cui primeggia Morgan Stanley) non sono una cifra di poco conto. 24 miliardi di euro equivalgono a più di una delle tante manovre di aggiustamento dei conti pubblici che i governi di Silvio Berlusconi e di Mario Monti hanno propinato al paese nel tentativo di salvarlo da una situazione per molti versi simile a quella di altri paesi europei. Con 24 miliardi di euro si potrebbero ridurre tasse e accise sulla benzina, si potrebbero aumentare gli ammortizzatori sociali, si potrebbero assumere i 10.000 insegnanti precari che stanno sospesi, tanto per restare ai fatti più eclatanti. In questa vicenda sorprende il fatto che poca attenzione sia stata dedicata dai media e dalle forze politiche e sociali a chi dovrebbe assumersi la responsabilità del danno la cui entità riportata da Bloomberg, 24 miliardi di euro, non è stata sino ad oggi smentita. Chi nel lontano 1994 ha preso la decisione di affidarsi ai prodotti derivati, con le più lodevoli intenzioni, speriamo, portandoci ai risultati di cui sopra? Chi in questi 18 anni non ha fatto nulla per uscire da un contratto che si rivelava sempre più un salasso per le finanze nazionali? Un breve ripasso della recente storia politica può chiarire un quadro che nessuno sembra intenzionato a rendere pubblico. Nel 1994, anno di stipula dell’accordo, i due governi che si alternano non sono certamente guidati da sprovveduti in materia di ingegneria finanziaria e conoscenze. Sino a maggio troviamo ai vertici dell’esecutivo l’ex governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi, mentre il ministero del Tesoro, è  guidato da Piero Barucci, banchiere fiorentino. Sotto il suo controllo si trovano l’immensa massa dei Bot e degli altri titoli di Stato che generano il debito pubblico nazionale, nonché il rapporto con la Banca d’Italia per la gestione della lira, ancora in tensione dopo la tempesta dei cambi. Non dimentichiamo infine che  nel 1994 alla direzione generale del Tesoro, guidata da Mario Draghi (poi governatore di Bankitalia e quindi di BCE), troviamo l’attuale vice ministro delle finanze Vittorio Grilli, in qualità di capo della commissione per le analisi finanziarie e le privatizzazioni. Insomma, governo e ministero del Tesoro sono in mano a persone competenti. A maggio arriva a palazzo Chigi Silvio Berlusconi, appena sceso in campo, e con grande successo. Forse Berlusconi se ne intende più di immobili, di Tv commerciali e di supermercati, ma il Tesoro è retto da Lamberto Dini, brillante economista fiorentino, fino ad un anno prima direttore generale di Bankitalia. Dini non è arrivato ai vertici di Via Nazionale perché il governatore Ciampi, scrivono le cronache dell’epoca, gli avrebbe preferito il vice Tommaso Padoa Schioppa. Si raggiunge  un compromesso tra Ciampi e il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, e in Via Nazionale arriva Antonio Fazio. Al fianco di Dini ci sono sempre Mario Draghi e Vittorio Grilli, mentre alle finanze troviamo Giulio Tremonti. Tutte teste fini, dunque. Gli anni passano, il contratto con i derivati continua a macinare perdite ma il ministero del ministero del Tesoro, che poi viene conglobato con le finanze, non si muove. Ai vertici del ministero nell’ordine si susseguono nel 1995 Dini ad interim nel governo da lui stesso presieduto, Ciampi nel primo governo di Romano Prodi 1996-1998, Giuliano Amato nel governo D’Alema 1999-2000, quindi Tremonti nei tre governi Berlusconi sino al 2011 e Padoa Schioppa nel secondo governo Prodi 2 del 2006-2008. Per concludere, non sono più di undici i personaggi che dovevano per forza essere al corrente del contratto con Morgan Stanley, o per averlo progettato o per averlo autorizzato: Ciampi, Barucci, Dini, Amato, Prodi,Tremonti, Berlusconi, Draghi, Grilli, D’Alema e Fazio.