Scienziati australiani hanno scoperto un legame fra il morbo di Alzheimer e l’anemia, dopo aver analizzato i livelli di ferro nel sangue di 1100 volontari. Gli studiosi dell’Istituto Florey di Neuroscienza e Salute Mentale di Melbourne hanno osservato che l’Alzheimer abbassa sostanzialmente i livelli di emoglobina nel sangue e costituisce quindi un forte rischio di contrarre una forma incurabile di anemia. “E’ un campo un po’ trascurato. Quando si parla di problemi del sistema cognitivo o di malattia di Alzheimer si tende subito a pensare a disfunzioni cerebrali o del sistema nervoso”, scrive il responsabile della ricerca, lo specialista di bioinformatica Noel Faux, sulla rivista Molecular Psychiatry. “Recentemente la ricerca si sta muovendo in direzione del sangue, e una parte di questa ricerca cerca di trovare un indicatore che ci permetta di identificare le persone che sono a rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer”. Non è tuttavia ancora chiaro quale sia la causa dell’anemia. “Non comprendiamo esattamente quale sia la relazione, se non che vi è una relazione”, ammette Faux. “La nostra ipotesi è che il processo con cui l’Alzheimer si manifesta nei globuli rossi porti all’anemia che abbiamo osservato”. Lo scienziato e i suoi collaboratori sperano ora di migliorare la vita dei pazienti di Alzheimer trovando un trattamento per il disturbo del sangue. “Non tentiamo di trattare l’Alzheimer, ma possiamo offrire ai pazienti una migliore qualità di vita”, spiega. “E’ noto che chi soffre di anemia in tarda età tende a subire un declino in termini cognitivi e di memoria. Quindi se si può alleviare l’anemia, potenzialmente quel declino si può rallentare, se non curare. Dato che non vi è cura per l’Alzheimer, possiamo migliorare la qualità di vita per i pazienti che soffrono anche di anemia”, aggiunge. (ANSA)
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Alzheimer: può essere predetto da un test del sangue
Diagnosi precoce per cure mirate
Prevedere la comparsa dell’Alzheimer prima che la malattia neurodegenerativa procuri i suoi danni più gravi al cervello: la perdita di memoria e dei ricordi più cari, quello degli affetti familiari. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Genome Biology rilancia la possibilità di un test del sangue, semplice ed efficace. Potrebbe consentire di individuare i primi segni della malattia e l’avanzare delle placche di beta-amiloide, la proteina tossica che soffoca i neuroni e fa progredire la malattia.
Preciso nel 93% dei casi – Un gruppo di ricercatori dell’Università Saarland, in Germania, ha testato l’esame su 202 persone analizzando 140 frammenti di microRna (parti del codice genetico) in pazienti con Alzheimer e in persone sane. Il confronto ha permesso di evidenziare 12 microRna presenti in quantità maggiori nelle persone con Alzheimer. Il test ha avuto un livello di precisione del 93% dimostrando di essere “in grado di distinguere con un’elevata accuratezza diagnostica tra i pazienti con malattia di Alzheimer e le persone sane”, spiegano i ricercatori.
Forma ereditaria – Si tratta di studi sperimentali, che precedono la possibile messa in commercio di test diagnostici ancora in fase di ricerca. Un gruppo di ricercatori del Banner Alzheimer‘s Institute in Arizona, della Boston University e della University of Antioquia, ad esempio, avrebbero individuato dei “marcatori” diagnostici – così si chiamano i segni presenti nel sangue che indicano un’eventuale patologia – in grado di rivelare già a 20 anni se ci si ammalerà di Alzheimer.
Nasce dal mix di due farmaci la nuova speranza contro l’Alzheimer.
Il medicinale sperimentale è stato scoperto grazie a uno studio coordinato dall’istituto di ricerca medico statunitense Sanford-Burnham. Si chiama NitroMemantine e combina due molecole approvate dalla Fda americana. Ora verrà sottoposto a test clinici
ROMA – E’ stato scoperto un farmaco sperimentale che sarebbe in grado di ripristinare le connessioni nervose danneggiate a causa dell’Alzheimer. Il medicinale deve essere ancora testato sull’uomo, ma i risultati sugli animali sono incoraggianti e con il tempo la ricerca potrebbe portare a nuove cure.
Lo studio, coordinato dall’istituto di ricerca medico statunitense Sanford-Burnham, pubblicato sul giornale Proceedings of Natinaol Academy of Sciences (Pnas) e sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, ora si avvia ora verso la fase di test clinici.
Da anni il mondo della ricerca medica ha dedicato molte energie per combattere la degenerazione dei neuroni. La prima fase dello studio del Sanford-Burnham Medical Research Institute è durata 10 anni ed è stata coordinata da Stuart Lipton, professore e direttore del E. Webb Center for Neuroscience, Aging and Stem Cell Research e neurologo clinico.
Alzheimer: nei casi ereditari si ritrova una proteina specifica.
Scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno misurato una significativa differenza fra i cervelli di pazienti con una forma ereditaria di Alzheimer e quelli dei membri in salute della famiglia che non sono portatori della malattia. Come si legge sulla rivista ‘Science Translational Medicine’, gli scienziati hanno scoperto che i partecipanti allo studio con mutazioni genetiche che causano la comparsa di sintomi precoci della malattia avevano circa il 20 per cento in piu’ di una specifica forma di proteina beta amiloide, la beta amiloide 42, rispetto agli altri membri ella famiglia che non avevano la mutazione. “I risultati suggeriscono che dovremmo concentrarci sulla proteina beta amiloide 42, con i farmaci per l’Alzheimer“, ha commentato Randall Bateman, fra gli autori dello studio.
Apnea notturna e Alzheimer: quali sono i legami.
Un nuovo studio trova che i disturbi respiratori durante il sonno hanno una correlazione con la malattia di Alzheimer. La domanda tuttavia è se sia l’Alzheimer, nelle fasi precliniche, a far insorgere i disturbi respiratori notturni o viceversa
I disturbi respiratori del sonno (o SDB), con l’apnea ostruttiva (OSAS), sono stati correlati alla malattia di Alzheimer (AD) da un nuovo studio condotto dai ricercatori della New York University School of Medicine.
La questione tuttavia è se sia l’Alzheimer, nelle fasi precliniche, a far insorgere i disturbi respiratori notturni o viceversa. Scoprire questo potrebbe, inoltre, spiegare il perché dell’aumento in gran numero dei disturbi respiratori del sonno negli anziani.
«E’ davvero la questione dell’uovo e della gallina – ha commentato il dottor Ricardo Osorio S., professore assistente di ricerca presso la NYU School of Medicine nel comunicato dell’American Thoracic Society – Il nostro studio non ha determinato la direzione della causalità e, in effetti, non ha scoperto una significativa associazione tra le due fino a quando abbiamo approfondito i dati sui pazienti magri e obesi».
Alzheimer: la protezione dall’osteoporosi arriva dalla vitamina D »
| Due studi diversi pubblicati entrambi su Journals of Gerontology, un solo risultato: la vitamina D protegge le donne di mezza età, oltre che dal rischio di osteoporosi, dal…
5 dicembre 2012 / Leggi tutto »
Alzheimer: sperimentazione nuova terapia su esemplari murini.
05:58 pm | Il morbo di Alzheimer e’ una delle piu’ comuni cause di demenza. L’accumulo di specifiche proteine anormali, incluso il beta-amiloide, nel cervello dei pazienti gioca un ruolo centrale…
27 novembre 2012 / Leggi tutto
Alzheimer: spegnere un enzima riduce il rischio e allevia sintomi.
01:46 pm | Lo studio per ora è stato condotto solo sui topi, ma i ricercatori sono speranzosi: è stato infatti scoperto un nuovo interruttore molecolare in grado di migliorare, se…
3 novembre 2012 / Leggi tutto »
Alzheimer: scarpe con Gps per i malati.
Sul fronte Alzheimer ecco che si fanno largo della scarpe con dispositivo Gps per aiutare i pazienti ad essere rintracciati se dovessero allontanarsi da casa; questa Aetrex Navistar Gps Shoes è stata creata grazie alla collaborazione tra un’azienda americana specializzata in dispositivi miniaturizzati e il brand Aetrex e si può trovare in vendita nel Regno Unito al prezzo di 300 euro.Continua a leggere