Di Beppe Sarno
Sabato 18 settembre a Firenze una grande giornata di lotta ha visto protagonisti i lavoratori della GKN per protestare contro i 422 licenziamenti comunicati a luglio dalla multinazionale britannica, oggi proprietà di un fondo americano.
Niente sarà come prima! Così si diceva all’inizio della pandemia e “insieme ce la faremo.” Tutti i lavoratori italiani, soprattutto quelli impiegati nella sanità hanno dato prova di solidarietà, salvando vite umane, facendo funzionare fabbriche, negozi, supermercati.
Passata l’emergenza, però tutto è tornato come prima, perchè Matteo Draghi capo del governo ha scelto di privilegiare un sistema produttivo finalizzato esclusivamente al massimo profitto gestito dalle multinazionali finanziarie.
Oltre trentamila persone hanno aderito alla manifestazione di Firenze; erano presenti oltre quaranta sigle di sinistra fra cui socialisti e comunisti per una volta uniti, rappresentanze sindacali, l’ANPI.
Esiste un progetto politico degli imprenditori che tende a dare il colpo di grazia ai lavoratori. La guerra contro i lavoratori è iniziata da oltre trent’anni per distruggere un sistema di diritti sociali, politici ed economici conquistati con oltre mezzo secolo di lotte. La pandemia ha rappresentato per gli imprenditori il volano per intensificare questa guerra con delocalizzazioni, chiusure di stabilimenti, licenziamenti, uso di manodopera a basso costo e senza protezioni. Si parla di bene pubblico, di interessi generali del paese, ma sono proprio questi che vengono aggrediti dai padroni e dalle multinazionali. La democrazia non è mai entrata nelle fabbriche che sono terra di nessuno dove gli imprenditori sono liberi di fare ogni prepotenza, ogni attentato ai diritti costituzionalmente garantiti.
Firenze non è la prima manifestazione operaia e non sarà l’ultima di fronte all’attacco padronale. E’ successo a Napoli con la Whirpool, a Roma e in tante altre piazze d’Italia, ma la manifestazione di Firenze ha assunto un tono politico mai registrato fino ad ora. A Firenze i lavoratori hanno dimostrato di voler resistere all’attacco padronale difendendo il diritto al lavoro indipendentemente dagli interessi degli imprenditori. I lavoratori della GKN non sono stati soli. La solidarietà è giunta da ogni parte d’ Italia e da tutti i settori produttivi. Si sta risvegliando nei lavoratori quella coscienza in base alla quale vince il concetto che Il lavoro non è una merce bensì uno strumento di utilità collettiva che crea ricchezza per tutti.
I lavoratori di Firenze, la città di Firenze e le oltre trentamila persone hanno gridato che il principio della proprietà privata senza regole non è più sacro ed inviolabile, e che i tradizionali schemi delle gerarchie sociali vanno spezzati.
A Firenze si è dimostrato che si può attuare la Costituzione indicando le nuove via da seguire e ridiscutere le regole per un’Europa più democratica individuando nella nostra carta costituzionale quegli strumenti, quelle leve che facciano diventare la collettività protagonista della rinascita economica e sociale. Uno stato sovrano che affronti il problema dell’equilibrio fra sistema produttivo e l’ambiente, la gestione produttiva, la salute delle aree industriali, modifica dei metodi di produzione, limiti del concetto di PIL, l’uso collettivo e democratico della tecnologia e degli strumenti di comunicazione di massa.
Si pone il problema urgente ed ineludibile di ricostruire il tessuto sociale ed economico dalle macerie che questa guerra senza nemici Ha prodotto.
Una giornata di lotta se si qualifica politicamente per come essa si è svolta ed indica il grado di debolezza delle forze politiche che governano il paese, non per questo produce in sé alcuna nuova posizione definitiva. Il potere economico politico, sociale, rimane in mano al capitale. L’amministrazione pubblica, le banche, l’apparato commerciale le forze di polizia sono in mano alle forze reazionarie. i lavoratori non hanno nessun mezzo coercitivo per rispondere agli attacchi della finanza internazionale. Ciò non significa che non c’è via d’uscita. Solo la forza di una classe lavoratrice unita è capace di dare risposte come quella di ieri.
Nel 1920 i lavoratori italiani condussero una battaglia che è rimasta nella storia del movimento operaio italiano occupando le fabbriche garantendo responsabilmente la continuità della produzione. Quella battaglia fu possibile solo perché i lavoratori si presentarono uniti e coesi dall’inizio alla fine. Difendere una fabbrica che chiude è diritto dei lavoratori. Occuparla per garantire la continuità non è un delitto.
Trenta anni di liberismo ci hanno insegnato che non c’è più garanzia di libertà e di sviluppo economico autonomo. Il rispetto delle leggi non conta più nulla. esiste all’interno dello Stato uno stato nascosto che vive attraverso un’organizzazione privata in mano a pochissime grandi imprese sovranazionali che possono decidere della sorta di milioni di lavoratori, impiegati, tecnici, specialisti. Questa organizzazione sovranazionale per il fatto di amministrare senza alcun controllo tutta la ricchezza industriale dispone di mezzi superiori degli stati nazionali. Queste multinazionali sono liberi di violare ogni legge. Esse privano i lavoratori del lavoro, le donne e i loro i figli dal sostentamento. La nostra Carta Costituzionale tra i diritti e i doveri dei cittadini nei rapporti economici disciplina in ordine i diritti del lavoro, dell’iniziativa economica, e della proprietà.
Gli uomini di Governo sono impotenti. L’unica forza che può spezzare questa organizzazione criminale sovranazionale, l’unica forza che può restaurare le garanzie di libertà e di sviluppo sono i lavoratori uniti, sono i consigli di fabbrica, sono i sindacati che debbono dismettere il loro ruolo di mediatori. Cambiando il paradigma dei rapporti con il capitale i lavoratori diventando protagonisti della guerra che li vede aggrediti e non aggressori. Si deve rimettere il lavoro al centro dell’attività politica per rimettere in funzione il sistema produttivo italiano affinché anche lo Stato torni ad essere strumento di garanzia costituzionale per la libertà dei lavoratori di ogni ordine e grado che rispettano le leggi e lavorino per il bene comune. Alla dichiarazione di guerra della finanza internazionale bisogna rispondere con altrettanta fermezza. Le fabbriche che vengono chiuse debbono essere occupate impedendo lo spostamento dei macchinari e possibilmente non fermando la produzione. Unità dei lavoratori, collegamento dei consigli di fabbrica, solidarietà dei sindacati; tutto questo è necessario per invertire la lotta e per mutare i rapporti di produzione industriale all’interno delle fabbriche. L’obbiettivo deve essere quello di far entrare la democrazia nelle fabbriche consentendo ai lavoratori di gestirle direttamente laddove predoni che hanno sottratto finanziamenti pubblici fuggono; la cogestione laddove l’imprenditore in difficoltà chiede l’aiuto dello Stato; la nazionalizzazione laddove come nel caso della ex ILVA imprenditori incapaci hanno instaurato una dittatura all’interno delle fabbriche. Il sistema produttivo nazionale deve essere liberato dallo sfruttamento delle finanziarie internazionali, ma per fare questo i lavoratori uniti sotto un’unica bandiera debbono prepararsi ad una lotta dura, non sarà facile e non succederà subito ma questa è la via da seguire per la costituzione di un nuovo rapporto di potere per i lavoratori.
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