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novembre 22, 2020

EUROPA, SEGNALI DI ALLARME

di Alberto Benzoni

Proprio in questi giorni, Sassoli e Letta hanno rimesso in discussione il Mes e chiesto l’azzeramento del debito.Ad esprimersi in questo modo due personalità sicuramente importanti, sicuramente europeiste e sicuramente esperte della materia.E, allora, perchè questa sortita, apparentemente “fuori dal vaso”? Se queste cose fossero state dette, che so, da un dirigente grillino, apriti cielo; tutti a stracciarsi le vesti e ad inveire contro un populismo da ritardati mentali. Ma a Sassoli e a Letta non si poteva mancare di rispetto. Ma, forse, la peggiore cosa che gli poteva capitare era che il loro messaggio fosse interpretato in chiave interna e all’interno delle polemiche da cortile che colpiscono l’area di governo. Cosa che si è puntualmente verificata; con la ciliegina finale del richiamo all’ordine dal capogruppo Pd al Senato, tale Marcucci.Il tutto a confermare il fatto che la nostra cultura politica è, ad un tempo, provinciale, complottista. Intellettualmente inerte, oltre che affetta da una pandemia che, nel corso di trent’anni non siamo riusciti a debellare: la”viltà ambientale”. E, ancora, del fatto che il Pd ha il capogruppo che si merita.Immediatamente dopo, un salto di qualità nella contestazione di Polonia e Ungheria. Dove si è passato da un confronto sul merito (magari risolvibile in termini di soldi) a una questione di principio che tra l’altro colpisce alla base, i fondamenti stessi su cui si basa la costruzione dell’Europa. Il principale dei quali è il diritto/dovere della Commissione di formulare – sulla base di regole e di orientamenti già formalmente condivisi – delle direttive cogenti per tutti, di operare perché queste vengano rispettate da tutti e, eventualmente di varare sanzioni ove così non fosse. Un meccanismo contestato e ampiamente disapplicato in linea di fatto; ma ora rimesso in discussione in linea di principio: sostenendo che la Commissione è un organismo politico (come, del resto il Parlamento europeo) e che come tale è, per definizione, non obbiettiva e, quindi, non abilitata a formulare direttive e, soprattutto a giudicare, penalizzandoli, coloro che non intendessero rispettarle. Si apre così uno scontro, prolungato nel tempo e dall’esito incerto. Ma il cui immediato riflesso sarà quello di rinviare alla seconda metà del 2021 la messa in opera del Recovery Fund.Si dirà che, a sostenere le ragioni della Commissione, ci sono anche i paesi frugali. Ma non è certo una buona notizia per l’Italia (oltre che per la Spagna e magari anche per la Francia). Loro sono in prima fila nel sostenere la condizionalità degli aiuti; ma nella misura in cui questa venga fatta valere anche nei confronti, diciamo così, “fiscalmente irresponsabili”. E nelle more di questo dibattito fanno di nuovo sentire la loro voce.Ecco allora i Dambrovskis, già pubblici ministeri spietati nel caso della Grecia, ammonire Madrid e Roma per l’insostenibilità dei loro debiti e per i loro deficit in eccesso, aggiungendo, per chiarire meglio il concetto, che la moratoria di fatto di cui godono oggi con la “scusa della pandemia” non durerà a lungo; e che, alla fin fine, torneranno le vecchie regole (almeno nella misura del possibile…).Il tutto, ovviamente, costituisce la tela di fondo di uno scontro già in atto e che può avere solo due sbocchi. O la dissoluzione acrimoniosa dell’Europa che abbiamo oggi; o il suo radicale, e per alcuni anche traumatico, cambiamento.E’ in questo quadro che le prese di posizione di Letta e di Sassoli acquistano tutto il loro senso politico. Come altolà e avvertenza: “se volete cambiare le carte in tavola lo faremo anche noi; e nella direzione opposta alla vostra”. Così come quelle della Lega che esprime il suo pieno consenso alle tesi di Varsavia e di Budapest e ridà voce ai suoi esponenti sovranisti; nella convinzione che l’Europa non sarà in grado di rispettare i suoi impegni nei nostri confronti; e che, conseguentemente, il governo giallorosa che aveva basato tutte le sue carte sulla sintonia con Bruxelles, la Spagna, la Francia e soprattutto la Germania, sprofonderà con il mazzo in mano.Attenzione: il tutto non si concluderà con l’ennesimo compromesso dell’ultim’ora. Anche e soprattutto perché a definire i termini di un’alternativa globale e chiara a tutti è stato Macron. Con una denuncia globale e senza sfumature del “sistema di Maastricht”; austerità, insensibilità ai temi dello sviluppo e della giustizia sociale e, a garantire il tutto, una regola dell’unanimità fatta apposta per impedire qualsiasi cambiamento. Rendendo chiaro a tutti che, se questa regola dovesse essere mantenuta, sarà il “tana libera tutti” con la possibilità per ogni paese e con chi ci sta, di costruire l’”Europa fai da te” secondo le sue esigenze.E’ la formalizzazione di uno scontro aperto e senza esclusioni tra quelli che rimettono in discussione il sistema esistente nella speranza di costruirne uno nuovo, e quelli che lo vogliono mantenere in piedi a tutti costi, al costo di vederlo franare sotto i loro occhi. In un contesto in cui “più Europa” non significa più niente e “quale Europa” potenzialmente moltissimo.Per chiudere, ci vorrebbe il solito pistolotto su quello che il governo e la classe politica italiano dovrebbero dire o fare. Ma sarebbe, temo, un pistolotto scarico…

novembre 22, 2020

Un socialismo possibile!


di Felice Besostri

I destini politici, come le strade son destinati ad incrociarsi, se, quale che sia il punto di partenza vi sia un punto d’arrivo in comune. Le vecchie strade dei pellegrini ne sono l’esempio. A partire da quella per Santiago de Compostela, dove sarebbe il corpo dell’apostolo Giacomo il Maggiore o per stare in italia la Francigena o la Romea. Ci sono anche esempi non religiosi come le vie delle transumanze, nazionali o transnazionali come quelle tracciate nei Balcani dagli Aromani, un popolo senza Stato, che non ha mai voluto, o quelli tracciati dai costruttori di orologi a cucù della Selva Nera, gli Uhrenträger, per vendere i loro  prodotti in Europa. Tuttavia le analogie, che son spesso ingannevoli finiscono qua: un pellegrino sapeva dove arrivare, ma il suo era uno spostamento nello spazio, anche se poteva durare mesi, se non anni. Franco  e Rino li ho conosciuti nel mio percorso da socialista, un tempi e modi diversi, anche in contesti politici diversi con lo scioglimento., quasi una liquefazione, del PSI. il viaggio verso la società socialista è un viaggio soprattutto nel tempo dove si incrociano passato, presente e futuro e il punto di arrivo non è un luogo, ma un’idea di società diversa, da quella di cui viviamo, più libera e più giusta. Alla fine del XIX° secolo si sapeva cosa fosse e in cosa consistesse, semmai ci si divideva su come arrivarci, con quale tipo di lotta politica. Paradossalmente il successo della conquista del potere politico con gli strumenti della democrazia o delle rivoluzioni, ha complicato e confuso le idee, perché le conquiste sociali per via parlamentare sono state rese possibili dallo sfruttamento imperialista e colonialista del resto del mondo e la conquista del potere politico con la rivoluzione hanno prodotto una nuova classe e una soppressione delle libertà. Insieme con le speranze sono venute meno le illusioni che fosse possibile un miglioramento progressivo e lineare, e che i sacrifici di oggi erano solo temporanei, contingenti, ma necessari. Non avrebbero impedito albe radiose, ”  les lendemains  qui  chantent” o il sorgere del tradizionale sole dell’avvenire. Infatti, persino nei paesi, culla della socialdemocrazia più avanzata c’è stata la strage dei giovani socialisti a Utøya e la conquista del potere della destra e dove c’era  “il socialismo realmente esistente” la vittoria di un capitalismo selvaggio, e dei peggiori “ismi” (nazionalismi, clericalismi, autoritarismi: Polonia e Ungheria: bastano come esempio?). L’abolizione della proprietà privata non aveva comportato una maggiore preservazione dell’ambiente e delle risorse naturali e l’uguaglianza garantita in tutte le costituzioni democratiche, che crescessero le diseguaglianze economiche e sociali, aumentate con le crisi finanziarie e la pandemia.  Si voleva estendere la democrazia, invece, siamo al punto che, già la sua pura e semplice salvaguardia è una necessità ,e il successo non è sicuro, forse nemmeno possibile, nel quadro nazionale e statuale, in cui la democrazia e le leggi sociali, si sono contestualmente estese e consolidate. Una volta i nemici erano forti e potenti, ma nazionali o stranieri, espressione delle potenze imperialiste e colonialiste, ci si poteva opporre, perché identificabili. Le multinazionali e i giganti del web, a mio avviso, non si identificano con lo straniero con le sue bandiere, inni nazionali e i suoi eserciti, anche se hanno il centro di comando in uno Stato. Nella loro azione per trarre, comunque, profitti, conquistare mercati e controllo dell’informazione non si distinguono se a capo c’è un cittadino statunitense, russo, saudita, brasiliano o cinese e se personalmente il capo persegua l’arricchimento personale o sia un benefattore compassionevole o un mecenate delle arti. Tutti non vogliono controlli in assoluto, men che meno da parte di autorità democraticamente legittimate, e  last but not least non pagare tasse sui loro profitti, quindi far pagare i costi al popolo, cioè al resto dell’umanità o con la riduzione delle garanzie sociali o mantenendo elevata la pressione fiscale tradizionale sui beni visibili e i consumi. Si crea ricchezza finanziaria anche senza vendere prodotti, con bolle speculative, che periodicamente tosano i risparmi, spesso di una vita.
La denuncia delle condizioni di vita e dello sfruttamento o di fatti repressivi sono stato un fattore di motivazione forte per il socialismo, pensiamo su piani diversi a “La situazione della classe operaia in Inghilterra” di Federico Engels o a “Germinal” di Emile Zola. Ora non basta più, come i profughi morti affogati nel Mediterranei, anche se bambini di pochi mesi, o arenati su una spiaggia di un’isola greca, a influire sull’opinione pubblica e sui suoi comportamenti elettorali. Bisogna saper indicare una via d’uscita praticabile e le nostalgie non servono, nemmeno quelle di un futuro, che ci eravamo immaginati e che sembrava a portata di mano. i partiti, in cui ci siamo formati, pieni di difetti, ma comunque meglio di quelli esistenti, non ci sono più, ma soprattutto non possono tornare. Per questo concordo con Formica essere nella società e nelle lotte concrete, se non come protagonisti almeno come attenti ascoltatori, conoscere almeno cosa si sta muovendo in movimenti, come quelli ambientali e nel resto del mondo come negli Stati Uniti con un riferimento al socialismo assolutamente estraneo alle loro tradizioni politiche, con l’intelligenza dello studioso del proprio intorno e la determinazione dettata daI propri valori. E’ un progetto che deve coinvolgere tutti, quale che sia la nostra origine e matrice culturale e politica, perché è più importante chiarire dove si voglia andare insieme, piuttosto che da dove si viene. Quando ho parlato, non da solo, di dialogo Gramsci Matteotti, non ignoravo la totale incomprensione tra di loro, ben rappresentata dalla sprezzante e ingiusta definizione di ” Cavaliere del nulla“:un giudizio non condiviso da un comunista come Terracini. Li ho presi  a simbolo di una sinistra sconfitta dal fascismo, di cui sono state vittime, Matteotti assassinato  a 39 anni e Gramsci lasciato morire 46. La sinistra  storica, socialista e comunista, non sono un’alternativa credibile in Europa, il continente in cui sono nate. Come nel 1892 si tratta di fondarne una nuova, larga, plurale ed inclusiva e senza l’ascolto e la conoscenza della nostra società e l’opposizione intransigente alle sue ingiustizie non è possibile. Ognuno faccia la sua parte.