Dalle tesi congressuali di Risorgimento socialista (primavera 2019) su
Agricoltura di qualità, nuovi modelli di sviluppo, salute alimentare e questione meridionale sono temi fra loro strettamente collegati, al punto
da essere indivisibili: occorre pertanto pensare a politiche organiche e sistemiche anziché campanilistiche e estemporanee, come spesso è avvenuto.
Lo svuotamento delle campagne del Sud è uno dei punti critici della odierna questione meridionale: è questo un destino di declino cui non bisogna rassegnarsi.
Rilanciare la produzione agricola deve assumere valenza
strategica per il conseguimento di una piena sovranità
alimentare e per la creazione di filiere produttive controllate da
punto di vista tanto dei diritti di chi ci lavora quanto della salute
dei consumatori. A sua volta, il rilancio dell’occupazione nella
produzione agricola rientra nel piano occupazionale rivolto in particolare ai giovani meridionali.
Un’agricoltura di qualità, rispondente alla crescente richiesta di cibo di qualità e che salvaguardi l’ottima reputazione delle produzioni italiane e meridionali, ha bisogno di nuovi modelli di sviluppo fortemente integrati con tutto il resto delle attività economiche del settore, a partire dalla filiera agroalimentare nel suo complesso, nei legami con i settori del
turismo, della ristorazione, dell’energia per essere davvero in grado di garantire occupazione e reddito.
La crescente attenzione dei cittadini-consumatori nei confronti della qualità e sicurezza si salda alla necessità di una tutela delle aree rurali anche dal punto di vista sociale e culturale.
Alla base vi è una rinnovata consapevolezza del ruolo strategico che il produttore agricolo può assolvere nella salvaguardia del territorio e dell’ambiente di fronte alle questioni rilevanti poste dai cambiamenti climatici e dalle necessità di diversificare le fonti energetiche ed il risparmio nel suo consumo.
Il mondo agricolo italiano versa in uno stato di grave crisi: non è un problema settoriale ma assume carattere politico collettivo per l’intera economia del paese e carattere strategico per la delineazione di un diverso modello di sviluppo.
Serve una netta scelta politica di tutte le istituzioni che offra risposte alle comunità rurali, in particolare del Mezzogiorno. La presenza degli agricoltori sul territorio è da ritenersi una garanzia per la gestione dell’ambiente.
Senza un’agricoltura italiana diffusa e di qualità non vi è un sostanziale aspetto della nostra sicurezza e sovranità, quella alimentare, poiché non siamo più autosufficienti in quasi tutte le filiere, con effetti deleteri per i lavoratori dei settori e per la salute dei consumatori. Pertanto le coperture per la tutela e lo sviluppo delle aziende agricole sono da
considerarsi investimenti strategici irrinunciabili.
Durante la “seconda repubblica” la politica agricola italiana è
stata sempre più diretta dalle industrie di trasformazione e dalle
centrali di vendita piuttosto che dalle imprese, spesso a
conduzione familiare, e dai lavoratori del settore.
Non è un caso che finora nessuna autorità abbia multato le industrie agroalimentari per gli evidenti cartelli a danno degli agricoltori di base.
Analogamente contestiamo la norma doganale, ancora in vigore, che consente di definire nazionale un prodotto straniero la cui ultima lavorazione utile sia fatta in Italia. Chiediamo con forza l’obbligo di indicazione di residui tossicologici in etichetta e l’unico blocco dei porti che riteniamo opportuno, quello delle navi che importano grano al glifosate, nonostante le evidenti prove scientifiche di nocività e evidenti divieti normativi. Chiediamo infine il rispetto diffuso della norma sul
divieto di vendita sottocosto dei prodotti agricoli.
Il tema della frutta e verdura vendute a costi bassissimi va affrontato: crediamo che l’istituzione di un consorzio o una cooperativa di agricoltori locali potrebbe aiutare gli stessi a liberarsi dalle imposizioni dettate la logiche di mercato verticistiche che non rispettano il loro duro
lavoro.
La necessità quindi è quella di tutelare, a livello nazionale, le
nostre produzioni, e combattere i trattati economici trasnazionali
che li penalizzerebbero ulteriormente.
È necessario il rispetto della legge che istituisce il principio di
trasparenza, mentre constatiamo l’assenza di trasparenza sulla xylella (che non esitiamo a definire un ecocidio), sull’importazione di grano estero e sull’annosa questione delle quote latte.
Risorgimento socialista è attenta a quanto da tempo emerge nel mondo agricolo sul ruolo dell’agricoltura nell’attivazione di altri settori produttivi e nella tutela di funzioni pubbliche, quali la conservazione/ricostituzione del paesaggio rurale, il recupero delle aree soggette a fenomeni tellurici o di erosione del suolo; pratiche agricole eco-sostenibili; presidio e salvaguardia del territorio anche attraverso il contenimento dei processi
di trasformazione del suolo agricolo in aree di insediamento urbano, specie in aree marginali, dove la presenza di un’agricoltura in grado di garantire reddito e occupazione è essenziale per mantenere la
popolazione sul territorio e con essa le tradizioni e la cultura rurale.
Un’agricoltura di qualità è inoltre anche un’efficace risposta al
falso dilemma fra sviluppo e salute: in tal senso facciamo nostre le campagne per una riduzione e soppressione di pesticidi, con
particolare attenzione al glifosato, di cui ormai sono acclarati i danni per la salute umana. Il ripopolamento delle campagne deve assumere anche il ruolo di controllo del territorio rispetto a utilizzi illeciti (discariche di ogni tipo) o legate ad un modello di sviluppo ormai sorpassato (cementificazione compulsiva). L’agricoltura di qualità, con la promozione dei prodotti tipici e la difesa dei paesaggi naturali e storici,
si collega così a nuove forme di sviluppo turistico non invasivo ma responsabile.
Il lavoro agricolo si è spesso associato al ritorno a inaccettabili
forme di lavoro sottopagato, privo di diritti e paraschiavile con
numerose vicende tragiche di sottomissione, di deprivazione e di lutti. Per noi il contrasto effettivo al caporalato in ogni sua tappa si accompagna a forme dignitose di vita e di lavoro per quanti, italiani e migranti, lavorano nei campi.
Ci impegniamo in misure incisive per la sicurezza sul lavoro, con l’aumento dei fondi e del personale per i controlli.
È del tutto fallace pensare di poter assolvere a queste funzioni
strategiche di sviluppo soltanto attraverso una condizione di
sfruttamento del lavoro ed una condizione di salari bassi e precari anche attraverso l’utilizzo, occasionale e non, del serbatoio di manodopera del l’immigrazione comunitaria o migrante, con l’osceno ricorso al caporalato ed al lavoro illegale: sono anzi questi fenomeni
alcuni dei punti più critici della odierna questione meridionale.
Il continuo utilizzo del caporalato e delle forme
semi-schiavistiche a cui sono ultimamente approdate molte fasi del lavoro agricolo (dalla raccolta al confezionamento) – nonostante le prime leggi a contrasto – è un presupposto falso e fuorviante che rischia di accelerare ancora più velocemente il declino dell’agricoltura e la sua distanza dalle produzioni del Centro-Nord Italia. Occorre invece promuovere quelle buone pratiche, fatte di esperienze di miglioramento qualitativo e quantitativo della produzione e dell’occupazione trainate dal
ruolo sempre più importante che vi svolgono i giovani.
Uno dei problemi che ha afflitto l’agricoltura meridionale, accanto al mancato sostegno delle istituzioni locali e alla scarsa frequenza di accordi cooperativistici, è rappresentato dalla concorrenza estera: se riteniamo opportuna la presenza di accordi commerciali con paesi del Sud del mondo per favorirne esportazioni e sviluppo endogeno, nell’ottica di una cooperazione Sud-Sud, tuttavia, a maggior ragione, riteniamo inopportuna una massiccia importazione di prodotti agricoli da
alcuni paesi del Nord Europa e America. In tal senso ribadiamo la nostra opposizione a tutti quei trattati economici (TTIP, CETA, TISA) che, in nome di un neoliberismo quasi postumo,
costituiscono ulteriori attacchi alle residue speranze di rilancio
della produzione agricola nazionale.
Per noi socialisti di sinistra sono questi i temi di una questione agricola (soprattutto meridionale) antica ed irrisolta.
Nessuna ipotesi di evoluzione produttiva e di trasformazioni
dell’agricoltura meridionale può essere disgiunta da percorsi territoriali anche specifici di riaffermazione di percorsi qualitativi e di difesa della biodiversità nelle produzioni agroalimentari.