“L’accordo con l’Eurogruppo non è positivo per l’Italia e l’Europa meridionale. Come spesso accade, vediamo un ministro delle Finanze italiano che accetta un accordo che alla fine non è nel migliore interesse del suo Paese”. Parola del tedesco Wolfgang Munchau – che non è certo un sospetto “sovranista” o un oppositore del governo Conte – direttore di eurointelligence ed editorialista del Financial Times e del Corriere della Sera. Perché quella a cui sta andando incontro il governo italiano è una vera e propria trappola tesa da Olanda e Germania che entrerà nel vivo nei prossimi mesi.
Non solo l’accordo di ieri non costituisce quel contributo solidaristico che l’Europa avrebbe dovuto garantire, ma l’Italia rischia infatti di finire nella trappola del Mes. Perché è vero che, come chiarisce il professor Paolo Pini, l’utilizzo del Mes (Fondo Salva Stati) è previsto senza condizionalità e in via temporanea per le spese sanitarie sostenute dai Paesi dell’Unione per affrontare l’emergenza Covid-19, entro il limite di budget del 2% del Pil annuali del Paese che le sostiene e che fa ricorso al Mes come linea di credito. Ma è anche vero che che fuori da questa tipologia di spesa ed oltre il 2% di spese, si applicano le regole del Mes.
E comunque, come viene chiarito nell’accordo siglato all’Eurogruppo, “gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità”. Quando l’Italia sarà con l’acqua alla gola, infatti, sarà costretta a ricorrere al Mes, portandosi la troika – e dunque l’austerità – in casa, anche se una parte del governo si affanna a dire che non ricorrerà mai al fondo Salva-Stati. E allora perché hanno negoziato settimane e discusso sulle condizioni del Mes stesso? Dopotutto, lo stesso ministro delle finanze, Roberto Gualtieri, scrive: “Grazie alla solida alleanza tra l’Italia e gli altri Paesi firmatari della lettera promossa dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, l’agenda europea è cambiata e si è passati da un documento con un’unica proposta, il Mes con condizionalità leggere”.
L’Italia e la trappola del Mes
Nell’art. 136 Tfue si legge che “gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”, sottolineando però che “la concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Come ha spiegato il professor Alessandro Mangia, “i creditori possono cambiare quando vogliono le condizioni scritte all’inizio in quell’esotico Memorandum of Understanding (MoU) che in realtà dovremmo chiamare concordato fallimentare”. E possono farlo “in modo sostanzialmente unilaterale, perché ormai non solo c’è un contraente debole ed uno forte, ma c’è anche un accordo che prevede la sua modifica ed il suo adattamento al mutare degli eventi. E a decidere se gli eventi sono mutati non è il debitore, ma è il creditore. Non è difficile da capire”.
Di fatto, le condizioni del Mes possono cambiare ex-post. E se il 23 aprile l’accordo sarà ratificato dai premier, gli effetti dell’accordo di ieri non li vedremo subito: è una trappola che scatterà più avanti, a cui l’Italia rischia di andare inesorabilmente contro. Il sospetto, osserva Affari Italiani, è che Olanda e Germania puntino ad indebolire l’Italia negandole il necessario per sopravvivere (adottando ora provvedimenti volutamente deboli e insufficienti) per poi spolparla tra qualche mese, quando avrà l’acqua alla gola e sarà costretta a ricorrere al Mes.
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