Archive for aprile 12th, 2020

aprile 12, 2020

Quarantena, aumenta la durata: non più 14 giorni

La Lombardia modifica la durata della quarantena: si passa da 14 a 28 giorni. Per quale motivo questa decisione viene presa solo adesso?

Quarantena, aumenta la durata: non più 14 giorni

Una scelta che potrebbe avere un grande impatto per la ripartenza della Regione Lombardia, la più colpita dalla pandemia provocata dalla diffusione del coronavirus.

Ma una scelta che allo stesso tempo fa riflettere anche sulle strategie adottate nelle scorse settimane: perché solamente adesso si sente la necessità di aumentare i giorni di quarantena di una persona che potrebbe essere stata contagiata dal coronavirus? E perché questa decisione viene presa solamente dalla Regione Lombardia?

Queste domande probabilmente non troveranno mai una risposta, ma per quanto riguarda la Lombardia è l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, a spiegarci il motivo di questa decisione.

Lombardia: aumentano i giorni di quarantena

Mentre a Milano è allarme contagi da COVID-19, in Lombardia è stato annunciato un cambio di strategia che potrebbe influire molto sulla ripartenza della Regione. Perché mentre in Italia dal 14 aprile ci sarà una lenta ripresa di alcune attività (qui l’elenco), in Lombardia è stato deciso che la quarantena durerà ancora fino al 3 maggio.

Niente fase intermedia, nessuno potrà riaprire: questo perché la Lombardia ha deciso di prolungare il periodo di quarantena. Non si tratterà più quindi dei canonici 14 giorni, in quanto si salirà a 28. A spiegarne il motivo è l’assessore al Welfare della Lombardia, Giulia Gallera, il quale ha annunciato che per i residenti in Regione che sono a casa dal lavoro è pronto un certificato medico di allungamento della quarantena fino al 3 maggio.

Questo perché 14 giorni sono utili per verificare se compaiono i sintomi della malattia; tuttavia, considerando che sempre più test hanno dimostrato che al termine delle due settimane molte persone sono ancora positive è stato deciso – “a garanzia di tutti” – di allungare il periodo a 28 giorni.

Una decisione che non varrà solamente per questo periodo di emergenza: l’intenzione, infatti, è di fissare la quarantena a 28 giorni in via definitiva. La nuova durata della quarantena, quindi, si applica tanto per chi già si trova in questa situazione quanto per coloro che verranno trovati positivi nei prossimi giorni; per quest’ultimi, infatti, spetterà un certificato di almeno 28 giorni, salvo ovviamente complicazioni legate alla malattia.

aprile 12, 2020

Giusto per rimanere in tema.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

II quarto cavaliere dell’Apocalisse, la pestilenza, è forse il più temibile. In effetti le epidemie di ogni tipo nel corso dei secoli si sono dimostrate capaci di minare la solidità di interi imperi, sconfiggere potenti eserciti, cambiare per sempre il nostro modo di vivere. In questo saggio storico Andrew Nikiforuk analizza la millenaria convivenza dell’uomo con virus e malattie epidemiche e infettive, spiegando come e perché alcuni germi hanno raggiunto un potere così devastante per la specie umana.

aprile 12, 2020

Il Portogallo attacca l’Olanda: “Dica se vuole restare in Europa o no”

Per il premier Antonio Costa, la questione non è finanziaria ma politica: “Non possiamo essere tutti ostaggi di populismi elettorali”

portogallo contro olanda coronabond ue
© PATRICIA DE MELO MOREIRA / AFP – Antonio Costa

Il premier portoghese, Antonio Costa, non usa mezzi termini nella richiesta di chiarimento sul futuro dell’Ue rivolgendosi in particolare ai Paesi Bassi a cui chiede di decidere “se restare o andarsene”. “Più che una questione economica o finanziaria, è una questione politica che viene posta. Dobbiamo sapere se possiamo passare a 27 nell’Unione europea, a 19 nella zona euro o se c’è qualcuno che vuole essere lasciato fuori. Mi riferisco ai Paesi Bassi”, ha dichiarato in un’intervista all’agenzia stampa portoghese Lusa.

Il primo ministro sottolinea che “questo è il momento del chiarimento politico in Europa”. “Personalmente, forse perché sono un irritante ottimista, mi piacerebbe credere che l’Europa sia possibile a 27 e che la zona euro sia possibile a 19, ma per questo è necessario che tutti abbiano la capacità politica e che non possiamo essere tutti ostaggi di populismi elettorali”, ha dichiarato Costa.

aprile 12, 2020

Germania invasa dal coronavirus in gran segreto? 80.000 casi influenza, si grida al complotto

Germania invasa dal coronavirus in gran segreto? 80.000 casi influenza, si grida al complotto

Date le strette relazioni commerciali con la Cina – dove ha avuto inizio la diffusione di COVID-19, la strategicità degli aeroporti tedeschi, la vicinanza con l’Italia – in cui i casi confermati stanno per diventare 300 e dati i numeri della popolazione tedesca stupisce il fatto che i casi confermati di coronavirus in Germania siano, al momento, solo 16.

L’ipotesi che i tedeschi stiano nascondendo qualcosa sta rimbalzando sui social network, soprattutto in Italia. Mentre il mondo sta combattendo contro la paura generata dal coronavirus, la Germania sta avendo a che fare con un numero anomalo di casi di influenza invernale.

LEGGI ANCHE 

Coronavirus in Italia, tutta colpa della Germania. Lo rivela questo studio

In Germania 80.000 casi di influenza: che sia coronavirus?

Ciò che più spaventa è il fatto che circa 40.000 casi di questa influenza siano stati confermati solamente negli ultimi 14 giorni, secondo quanto riferito dall’Agenzia federale tedesca per il controllo delle malattie.

In un report pubblicato dal Robert Koch Institute (RKI) con sede a Berlino si legge che 130 persone sono morte a causa dell’influenza durante quest’inverno, e che quasi 13.300 casi sono stati ricoverati in ospedale. Dallo scorso settembre sono stati registrati in totale 79.263 casi.

L’influenza è altamente contagiosa e viene trasmessa da persona a persona, attraverso tosse, starnuti o prossimità a soggetti infetti. Può diffondersi anche tramite il tocco di maniglie sulle porte o pali e maniglie presenti su autobus e metropolitane.

Il numero di casi di influenza registrati in Germania in questa stagione supera il bilancio mondiale delle infezioni di coronavirus, noto anche come COVID-19, che attualmente ammonta a circa 75.000 casi. Il numero totale di decessi registrati a causa del nuovo virus, al momento, è di 2.118.

aprile 12, 2020

Juncker e Tremonti scrivono al Financial Times: vi spieghiamo perché gli e-bond metterebbero fine alla crisi.

Visualizza immagine di origine

Di seguito pubblichiamo il testo in inglese dell’intervento di Jean-Claude Juncker e Giulio Tremonti pubblicato dal Financial Times online

In spite of recent decisions by European fiscal and monetary authorities, sovereign debt markets continue to experience considerable stress. Europe must formulate a strong and systemic response to the crisis, to send a clear message to global markets and European citizens of our political commitment to economic and monetary union, and the irreversibility of the euro.

This can be achieved by launching E-bonds, or European sovereign bonds, issued by a European Debt Agency (EDA) as successor to the current European Financial Stability Facility. Time is of the essence. The European Council could move as early as this month to create such an agency, with a mandate gradually to reach an amount of outstanding paper equivalent to 40 per cent of the gross domestic product of the European Union and of each member state.

That would bring sufficient size for it to become the most important bond market in Europe, progressively reaching a liquidity comparable to that of US Treasuries. But to ensure this happens, two further steps must be taken. First, the EDA should finance up to 50 per cent of issuances by EU members, to create a deep and liquid market. In exceptional circumstances, for member states whose access to debt markets is impaired, up to 100 per cent could be financed in this way. Second,the EDA should offer a switch between E-bonds and existing national bonds.

The conversion rate would be at par but the switch would be made through a discount option, where the discount is likely to be higher the more a bond is undergoing market stress. Knowing in advance the evolution of such spreads, member states would have a strong incentive to reduce their deficits. E-bonds would halt the disruption of sovereign bond markets and stop negative spillovers across national markets.

In the absence of well-functioning secondary markets, investors are weary of being forced to hold their bonds to maturity, and therefore ask for increasing prices when underwriting primary issuances. So far the EU has addressed this problem in an ad hoc fashion, issuing bonds on behalf of member states only when theiraccess has been seriously disrupted. This week the European Central Bank took further steps to stabilise the secondary market. With a single European market, primary market disruptions are in effect precluded, reducing the necessity for emergency interventions in the secondary market.

A new market would also ensure that private bondholders bore the risk and responsibility for their investment decisions. In this way, the E-bond proposal usefully complements recent decisions aimed at providing clarity about a permanent mechanism to deal with debt restructuring. It would help to restore confidence, allowing markets to expose losses and ensuringmarket discipline. Allowing investors to switch national bonds to E-bonds, which might enjoy a higher status as collateral for the ECB, would help to achieve this. Bonds of member states with weaker public finances could be converted at a discount, implying that banks and other private bondholders immediately incurred the related losses, thus ensuring transparency about their solvency and capital adequacy.

An E-bond market would also assist member states in difficulty, without leading to moral hazard. Governments would be granted access to sufficient resources, at the EDA’s interest rate, to consolidate public finances without being exposed to short-term speculative attacks. This would require them to honour obligations in full, while they would still want to avoid excessive interest rates on borrowing that is not covered via E-bonds. The benefits from cheaper, more secure funding should be considerable.

A liquid global market for European bonds would follow. This would not only insulate countries from speculation but would also help to keep existing capital and attract new flows into Europe. It should also foster the integration of European financial markets, favouring investment and thus contributing to growth.

Ultimately the EU would benefit too. Profits from conversions would accrue to the EDA, reducing effective E-bond interest rates. As a result EU taxpayers, and those member states currently under attack, would not have to foot the bill. All these benefits could be extended to member states that remain outside the eurozone.

We believe this proposal provides a strong, credible and timely response to the ongoing sovereign debt crisis. It would endow the EU with a robust and comprehensive framework that not only addressed the issue of crisis resolution but also contributed to the prevention of future crises by fostering fiscal discipline, supporting economic growth and deepening European integration.

*Gli autori sono primo ministro e ministro del tesoro del Lussemburgo e ministro italiano dell’economia

aprile 12, 2020

‘La peggior solitudine è dentro di noi’

Parla con quello dentro di te, è tempo di meditare un po’”: José Mujica, carismatico ex presidente dell’Uruguay e uomo di grande umorismo, torna a condividere alcuni suoi pensieri e alcune delle parole più lucide e urgenti sulla drammatica situazione che stiamo vivendo.

Visualizza immagine di origine

Intervistato per la rete spagnola La Sexta da Jordi ÉvolePepe ha posto l’attenzione su quelli che considera i problemi principali del mondo: l’ambizione e l’egoismo dell’essere umano di oggi, in particolare dei politici e dei pochi ricchi che controllano le grandi società.

 

Alla luce di ciò e al di là del problema del coronavirus, gli uomini avanzano verso quello che Mujica  definisce “olocausto ecologico”, che potrebbe essere fermato solo con una volontà collettiva.

È un problema politico – dice. Mai l’uomo ha avuto così tante risorse, capacità o capitale per fermarlo. Ma stiamo andando verso un vero olocausto e stanno facendo una padella gigantesca per friggerci”.

Da qui, l’evento globale di isolamento a causa del Covid-19 e l’inevitabile confronto con la morte, devono poi incoraggiarci a una riflessione sul genere umano:

Non siamo in guerra – e qui si riferisce al  linguaggio bellicoso di Donald Trump e di Emmanuel Macron. Questa è una sfida che la biologia pone per ricordarci che non siamo padroni assoluti del mondo come pensiamo”.

Mujica crede che i governi, nella cecità dell’ambizione e in nome della religione di mercato, abbiano smesso di prestare attenzione agli eventi globali che avrebbero impedito una pandemia.

I governi hanno sottovalutato le difficoltà… Credevano che fosse una cosa per i cinesi e, ora, è una cosa per tutti”, aggiungendo che il motivo per cui i Paesi asiatici hanno ottenuto una migliore risposta al virus è perché sono in grado di pensare e agire collettivamente, una nozione che manca in Occidente perché è “piuttosto focalizzato su individualismo dilagante”.

Insomma, questa crisi così grave per Mujica potrebbe essere letta anche come una buona cosa che aiuti a richiamare la nostra attenzione sul fatto che i problemi di altre parti sono anche i nostri problemi. Per questo motivo, l’ex presidente uruguayano chiede “di combattere l’egoismo che portiamo dentro” e di “diventare socialmente attaccati gli uni agli altri”. Ovviamente, per ora, virtualmente.

Un altro aspetto che il virus ha messo in evidenza, secondo Mujica, è che “ha dimostrato quante cose superflue abbiamo” e questo sembra essere il grande insegnamento: abbandonare il nostro attaccamento alla ricchezza materiale superflua per affermare ciò che è veramente importante.

È come se una madre Natura avesse rimproverato i suoi figli intimandoli ad andare nella propria stanza a riflettere su ciò che ha fatto. E ora siamo tutti quel figlio punito.

Ottantaquattro anni, Mujica è una personalità apprezzata in tutto il mondo anche per aver rinunciato all’epoca della presidenza, al 90% del suo stipendio continuando a vivere nella sua fattoria.

aprile 12, 2020

Medici di Cuba in aiuto del Piemonte

(ANSA) – TORINO, 11 APR – Sono attesi lunedì all’aeroporto di Torino Caselle i 38 medici e infermieri della Brigada Henry Reeve che il Ministero della Salute di Cuba ha destinato al Piemonte, accogliendo la richiesta formulata nelle scorse settimane dal presidente della Regione Alberto Cirio attraverso l’Ambasciata di Cuba in Italia. Si tratta di 21 medici e 16 infermieri: specializzati in interventi di emergenza, opereranno presso la nuova area sanitaria temporanea in fase di allestimento alle OGR di Torino.
Lavazza e la Fondazione Specchio dei tempi, su richiesta della Regione Piemonte, hanno dato la loro disponibilità a sostenere le spese relative all’arrivo del gruppo di operatori sanitari, bloccati in queste ore a L’Avana per la totale mancanza di voli verso l’Europa. Hanno così noleggiato un Boeing 767 della compagnia Blue Panorama che, in questi minuti, sta decollando da Malpensa verso Cuba. Il rientro a Torino è previsto per lunedì, giorno di Pasquetta. (ANSA).

aprile 12, 2020

“Peggio della Camorra, sanità devastata e lottizzata”

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
24-01-2019 Roma
Politica
Gino Strada ospite di Otto e Mezzo
Nella foto Gino Strada

Photo Fabio Cimaglia / LaPresse
24-01-2019 Roma (Italy)
Politic
Gino Strada guest for Otto e Mezzo
In the pic Gino Strada
Fonte: il Riformista

“Gente che ha devastato la sanità italiana e la sanità pubblica, altro che modello Lombardia. Pazienti lasciati morire nelle case di riposo senza nessuna umanità o pietà. Tutto questo penso sia moralmente, prima ancora che giuridicamente, un crimine”. Gino Strada interviene alla trasmissione Propaganda Live su La7. E usa toni forti, poco diplomatici, per descrivere le problematiche emerse nel sistema sanitario italiano durante l’emergenza coronavirus. In particolare il medico e fondatore di Emergency ha criticato il modello della Lombardia.

“Non ci si può esimere dal fare una riflessione su chi ha gestito la sanità in Lombardia negli ultimi 20 anni, perché gli stessi che l’hanno gestita oggi cercano di apparire come i salvatori, come gente che ha la situazione in mano”, ha detto Strada ricordando come nella Regione si siano verificati quasi la metà delle morti italiane (10.238 secondo la Regione, 18.849 in tutto il Paese, quindi sarebbero più della metà, ndr) e che i morti italiani sono circa un quarto dei morti registrati su scala mondiale. “La Lombardia – ha continuato Strada – vede i suoi ospedali lottizzati che perfino la camorra sarebbe stata in difficoltà a farlo così, in modo esteso e puntuale. Spero che da questa cosa se ne esca con i cittadini che aprano gli occhi sulla realtà, al di là di tutta la propaganda politica che in questo momento trovo nauseante”.

Analizzando la risposta alla pandemia il medico ha riconosciuto che sarebbe stato “obiettivamente” inaspettata un’evoluzione simile del virus, ma il problema è stato quindi non essere riusciti a proteggere gli ospedali. “Se un ospedale si infetta non è più in grado di curare non solo i pazienti da Coronavirus ma anche i cardiopatici, i diabetici e chi ha bisogno“, ha detto Strada che commentando la gestione, da parte di Emergency, di una terapia intensiva di nuova costruzione a Bergamo ha fatto un’osservazione sulle difficoltà burocratiche e politiche: “Una cosa che ho capito in questa emergenza è che è più facile aprire una cardiochirurgia in Sudan che un posto letto in Italia“.

aprile 12, 2020

Gloria.

aprile 12, 2020

Coronavirus: che mondo ci aspetta?

di Alberto Benzoni

Che tipo di mondo, che tipo di società avremo, quando il coronavirus (scusate la battuta; nei momenti difficili e dolorosi il cazzeggio può servire) “avrà esaurito la sua spinta propulsiva”? Una nuova, e terribile, era dei torbidi, come quella che seguì la prima guerra mondiale? Oppure un nuovo e più avanzato ordine mondiale; quello costruito e durato per decenni all’indomani della seconda?

Proviamo un po’ tutti a rifletterci sopra. Un esercizio che consiglio anche a chi, come me, è un anziano a rischio e quindi confinato in casa e con tutto il tempo possibile a sua disposizione.

Cominciamo a dire che non ci sarà nessun ritorno al vecchio ordine. Il famoso “ordoliberismo” è morto. E non risorgerà. Hanno cominciato a ucciderlo la crisi economica, quella dei migranti, Trump e il relativo grande disordine internazionale, l’ossessione securitaria unita alla tentazione militarista. Lo colpirà definitivamente, e al cuore, la pandemia. Mentre le classi dirigenti preposte alla sua difesa, leggi essenzialmente quelle europee, stanno annaspando in una specie di terra di nessuno incapaci sia di difendere il vecchio che di vedere il nuovo.

Chi abbiamo, a questo punto, al suo capezzale? Medici riuniti a consulto? Direi proprio di no. Piuttosto, come nei romanzi dell’ottocento, eredi che si guardano in cagnesco, ognun contro l’altro armati.

Politicamente parlando tra di loro non c’è partita. Almeno qui e ora. A dominare la scena la destra populista; quella che ha costruito tutte le sue fortune sulla filosofia della quarantena e sulla costruzione del nemico esterno. E che oggi constata (per non dire auspica…) che il coronavirus giochi definitivamente a favore della sua visione del mondo: non foss’altro perché ha colpito, divina sorpresa, tre paesi considerati, per diversi motivi, pericolosi per sé e per gli altri, come Cina, Iran e Italia.

Sul campo per ora, c’è solo lei. Almeno in Europa. Classi dirigenti impotenti e in stato confusionale. Una sinistra socialista che non ha ancora finito di vergognarsi di esserlo.

All’interno delle nostre società la partita è, invece, tutta aperta. E ci può portare nelle più diverse direzioni. Varianti dell’era dei torbidi che seguì la prima guerra mondiale, come abbiamo ricordato all’inizio; oppure, in riferimento agli esiti della seconda, nuove e più avanzate forme di organizzazione della vita collettiva, e a ogni livello.

A favore della prima ipotesi il fatto che il flagello, così come accadde nel 1914, ci abbia colto completamente di sorpresa, ponendoci di fronte a problemi che pensavamo di aver risolto una volta per tutte. E, forse ancora di più, il fatto che la cultura dominante – individualismo, privatismo, competizione, conflitti a somma zero, totale asservimento ( caso tipico di servitù volontaria…) al pensiero unico, pigrizia intellettuale – ci rende del tutto incapaci di gestire la crisi.

Però, la nostra situazione non è quella del 1914. E, se è per questo, nemmeno a quella del 1945. Le classi dirigenti della cosiddetta “belle èpoque” non riuscivano neanche a concepire un mondo in cui il capitalismo potesse, anzi dovesse venire a patti con la democrazia e in cui le classi subalterne potessero essere protagoniste della vita politica e non più chiuse nell’alternativa perdente tra subalternità e rivolta. Così come non erano nemmeno sfiorate dall’idea che lo stato e il pubblico diventassero centrali per lo sviluppo dell’economia e della società.

Per altro verso, per i partigiani sulle nostre montagne come per la classe dirigente rooseveltiana (i protagonisti estremi di una lunga gamma di figure), il futuro faceva già parte del presente; insomma delle ragioni e delle speranze in nome delle quali la guerra al fascismo era stata combattuta e vinta. Al punto di aprire la strada alla costruzione di quel mondo che appena trent’anni prima non si riusciva nemmeno a immaginare.

Noi viviamo una situazione intermedia. Perché quel mondo fa parte del passato; di più di un passato che, con una sorta di criminale stupidità, abbiamo pensato di cancellare e senza pagare dazio. In un processo distruttivo che sembrava non avere mai fine: portando gli autoproclamati vincitori della storia in una sorta di cieco autocompiacimento; e confinando gli sconfitti in un ghetto di disfattismo paralizzante.

Ma, con l’arrivo del cavaliere dell’Apocalisse, questo passato torna d’attualità; e non per merito di qualcuno ma per forza propria. E con esso, un futuro diverso dall’attuale: il pubblico, il ruolo dello stato e la sua autorità, la solidarietà, la società, la spesa pubblica e le sue priorità, la cooperazione tra i popoli e le nazioni, il dialogo, l’immagine di un comune destino.

Tutti squarci di luce. A identificare una via d’uscita. E una prospettiva di reazione individuale e collettiva, politica e civile alla barbarie che rischia di travolgerci.

La partita è aperta. In tutti i sensi. E in una corsa drammatica tra diffusione del morbo (accompagnata dalla distruzione della società) e la capacità di quest’ultima di combatterlo e di rinnovarsi.

Per vincerla occorrerà reinventare tutto: schieramenti, alleanze, politiche, idee forza strumenti. E non sarà affatto facile.

Ma questa è l’unica partita che meriti di essere condotta. Tutto il resto è noia.