PURGATORIO – Canto III° (parte 1e 2)

L’inizio della salita – versi 1-45

Dopo che le anime del purgatorio sono state rimproverate da Catone per aver tardato il cammino di espiazione per ascoltare la canzone di Casella, Dante e Virgilio vanno verso la montagna. Virgilio è ancora pieno di rimorso per l’errore che ha commesso (quello di aver ascoltato anche lui la canzone di Casella). Dante ad un tratto vede solo la sua ombra e non quella di Virgilio e teme che il suo maestro lo abbia abbandonato ma non è così, infatti il maestro gli spiega che il suo corpo fu portato da Brindisi a Napoli: ossia nella sua tomba. La luce del sole, come passa per i cieli del paradiso senza trovare ostacoli, così passa attraverso le anime e non permette loro di fare ombra. Come poi esse, che sono immateriali, possano soffrire le pene del purgatorio e dell’inferno, questo non lo sa. Lo sa solo la virtù divina che però non vuole svelarci tutto perché se avessimo potuto saper tutto Maria non avrebbe avuto bisogno di partorire. Molti filosofi dell’antichità come Platone e Aristotele tentarono di conoscere tutto e ora il loro desiderio di conoscenza è diventato la loro pena eterna. E qui Virgilio si interrompe e turbato (perché si sente tirato in causa) non aggiunge altro.

Gli scomunicati – versi 46-102

Dante e Virgilio arrivano finalmente alla montagna del purgatorio. Il problema è che è troppo ripida, così ripida che in confronto ad essa i dirupi più scoscesi d’Europa (che si trovavano in Liguria e nell’Appennino emiliano) sembrano delle scale facili da salire. Impossibilitati a salire Dante e Virgilio provano a trovare una soluzione. Virgilio prova con la sua ragione e volge gli occhi verso il basso mentre Dante guarda verso l’alto e scorge delle anime di penitenti. Dice al maestro che se non riesce a trovare una soluzione da solo forse è meglio chiedere alle anime dove la salita è meno ripida. Virgilio e Dante si dirigono verso le anime che il Dante narratore paragona a un gregge. Questo “gregge” va molto lento e si trova a una grande distanza dai poeti. Dante scopre che queste anime sono gli scomunicati.

Si può notare in questa parte del canto come il ruolo di Virgilio quale guida per il pellegrino Dante venga a mancare. In effetti, ora il poeta latino si trova in un luogo che non ha mai visitato, a causa della sua pena divina (il restare nel Limbo). Sul piano allegorico, la Ragione, rappresentata da Virgilio, man mano che si avvicina a Dio, si smarrisce sempre più, poiché essa non è stata creata per comprendere il suo mistero (che, secondo Dante, è comprensibile solo per via diretta tramite l’estasi mistica, che proverà infatti nell’ultimo canto del Paradiso). L’azione giusta da compiere per avvicinarsi a Dio, quindi, non è il ragionare a testa bassa come fa Virgilio, bensì guardare verso l’alto, verso l’amore divino.

Manfredi – versi 103-145

Tra gli scomunicati c’è un bel giovane con due ferite, una delle quali al petto, descritto come “biondo, bello e di gentile aspetto, ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso”. Questo bel giovane chiede a Dante se lo ha mai visto. Dante risponde di non sapere chi sia e il giovane gli racconta la sua storia. Egli è Manfredi, figlio di Federico II e nipote di Costanza d’Altavilla. Manfredi cita la figlia Costanza, madre di Giacomo e Federico, rispettivamente re di Aragona e di Sicilia. Manfredi racconta “orribil furon li peccati miei” e di essere stato scomunicato da vari papi. Morì in battaglia nel 1266 a Benevento ma in punto di morte si pentì e il Signore lo perdonò mandandolo nel Purgatorio invece che all’Inferno. I papi invece non lo perdonarono, tanto che il vescovo di Cosenza, incaricato da papa Clemente IV[1], fece dissotterrare le sue ossa (Or le bagna la pioggia e move il vento), che furono poi trasportate a ceri spenti e capovolti, come nei funerali degli eretici, lungo il fiume Verde (identificabile secondo Benvenuto e molti altri critici moderni con il Liri o il Garigliano). Manfredi chiede a Dante di raccontare quello che ha detto a sua figlia Costanza e di dirle che lui stesso si trova nel Purgatorio, se altro si crede nel mondo dei vivi, e di chiederle di pregare per lui, perché più si prega per un’anima del Purgatorio più il tempo di espiazione diminuisce. Con Manfredi, i credenti riescono a capire la grande bontà di Dio che abbraccia tutti coloro che si sono pentiti in fin di vita.

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