Archive for settembre 21st, 2012

settembre 21, 2012

Europa 2012? No,1932: l’ordine pubblico in Grecia affidato ai nazisti.

Che non ci sia un’Europa politica è una triste realtà quanto alle migliori aspirazioni, ma una favola quanto alla peggiore concretezza. C’è eccome: è quella della finanz…Visualizza altro

Foto: Europa 2012? No,1932: l’ordine pubblico in Grecia affidato ai nazisti

Che non ci sia un’Europa politica è una triste realtà quanto alle migliori aspirazioni, ma una favola quanto alla peggiore concretezza. C’è eccome: è quella della finanza e dei grandi gruppi, filtrata attraverso gli egoismi nazionali, che si esprime attraverso la soppressione del dibattito politico in nome di verità e di presunte leggi che sono i dogmi della lotta di classe rovesciata: i ricchi contro i poveri. Non uno dei postulati su cui questa si regge ha una qualche verifica empirica, anzi spesso la realtà li smentisce clamorosamente, la presunta scienza si rivela una fede con il denaro e non l’uomo a fare da argomento ontologico. Così per paradosso quell’Europa che doveva essere il lievito della democrazia è divenuta indifferente alla stessa: qualsiasi regime va bene purché mantenga l’ordine costituito della finanza. E persino l’anti europeismo è bene accetto se collabora a questo disegno.

Le stimmate di questo neuordnung continentale erano già apparse evidenti con il silenzio su ciò che accadeva e accade in Ungheria, ma adesso c’è qualcosa di ancora più inquietante: nella Grecia di fatto governata dalla troika Fmi, Bce e Ue si vanno creando i presupposti per ciò che “non doveva accadere mai più” . Mentre viene imposto un orario di lavoro di 13 ore al giorno, l’ordine pubblico viene di fatto lasciato ai militanti dei neonazisti di Alba Dorata, i quali si incaricano di bastonare gli immigrati e di incendiare le loro case, dando una brutale attuazione ai “suggerimenti” della medesima troika. Che certo preferirebbe metodi più civili, atti a nascondere la sua stessa barbarie. Ma che alla fine se ne frega: il fine giustifica i mezzi.

Si è arrivati a un punto tale che – secondo un reportage del Nouvel Observateur (qui) – accade che ormai la polizia stessa consigli di rivolgersi agli uomini di Alba Dorata perché lei non ha i mezzi o il tempo per intervenire. Non che poi ci sia tanta differenza: è stato notato dopo le ultime elezioni che i seggi vicini alle centrali di polizia presentavano risultati assolutamente straordinari peri neonazisti, 20, 25, anche 30% contro l’8% nazionale, segno che le forze dell’ordine greche sono già ampiamente infiltrate e ammorbate. L’atto di forza è molto meno remoto di quanto non si creda. Ma l’Europa dei sordidi burocrati, semplici segretari della finanza di cui abbiamo ottimi e sobri esempi da noi, si gingilla con le sue teorizzazioni , con il pret a porter che copre pudicamente gli interessi reali a cui esse sono funzionali. Tutto questo in nome di un Europa che comincia a fare paura. Anzi che è l’Europa conquistata e avvilita dalla paura diffusa a piene mani e usata per far passare una sempre maggiore sottrazione di diritti e di sovranità. Quella che ormai si sta dando attivamente da fare perché accada ciò che non doveva accadere.

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2012/09/18/europa-2012-no1932-lordine-pubblico-in-grecia-affidato-ai-nazisti/
settembre 21, 2012

Grecia: scioperano trasporti, farmacisti e marittimi, ma nessuno lo dice!

Marco Santopadre – Crescono le mobilitazioni nel mondo del lavoro in attesa dello sciopero generale indetto dai sindacati per il 26 settembre. I lavoratori dei trasporti pubblici protes…Visualizza altro

Foto: Grecia: scioperano trasporti, farmacisti e marittimi 

Marco Santopadre - Crescono le mobilitazioni nel mondo del lavoro in attesa dello sciopero generale indetto dai sindacati per il 26 settembre. I lavoratori dei trasporti pubblici protestano chiedendo la gratuità del servizio per disoccupati, precari e studenti.

 Oggi Atene è di nuovo semiparalizzata a causa di uno sciopero di 24 ore proclamato dai sindacati dei trasporti pubblici che ha bloccato da mezzanotte i treni urbani, la metropolitana e i tram. I lavoratori del settore protestano oltre che contro le privatizzazioni e le decurtazioni salariali decise dal governo, anche contro l'aumento delle tariffe per gli utenti e chiedono il trasporto gratuito per disoccupati, studenti e pensionati a basso reddito.

 Sempre ad Atene sul piede di guerra ci sono anche i farmacisti che nella capitale e nel resto dell’Attica insistono sulla loro decisione di non concedere medicinali a credito agli assistiti dell'Ente nazionale per la Prestazione dei Servizi Sanitari (Eopyy), fino alla fine di settembre, se prima lo stato non pagherà alcune centinaia di milioni di euro di debiti. La decisione di continuare la ‘serrata’ è stata presa ieri a tarda notte, durante un'assemblea generale dell'Ordine dei Farmacisti dell'Attica, durante la quale non sono mancati momenti di tensione. 

 Annunciata invece per il prossimo 26 settembre uno sciopero totale dei traghetti, in contemporanea con lo sciopero generale di 24 ore indetto dai tre sindacati greci (Adedy, Gsee e Pame) contro i nuovi sacrifici che la troika vorrebbe imporre al paese. Ieri il Presidente del sindacato Gsee, Giannis Panagopoulos, parlando ad una riunione dei sindacalisti della zona dell’Attica, ha definito la mobilitazione generale di mercoledì prossimo ''un grido di indignazione e di disperazione per tutto quello che si sta preparando''. ''Il governo e la troika (Fmi, Ue e Bce), ha detto ancora Panagopoulos, tramite delle cosiddette trattative stanno preparando la distruzione dei diritti lavorativi e previdenziali. Il movimento sindacale, da parte sua, sta preparando una risposta dinamica''. 

http://www.contropiano.org/it/esteri/item/11312-grecia-scioperano-trasporti-farmacisti-e-marittimi
settembre 21, 2012

Buon compleanno Salerno- Reggio Calabria!

Salerno-Reggio, 50 anni di lavori sulla torta c’è scritto “vergogna”

“Festa” per l’A3 al casello di San Giorgio a Cremano. Manifestazione bipartisan, con Borrelli dei Verdi e Lettieri del Pdl

Una torta di panna e fragole, con tanto di scr…Visualizza altro

Foto: Salerno-Reggio, 50 anni di lavori sulla torta c'è scritto "vergogna"

"Festa" per l'A3 al casello di San Giorgio a Cremano. Manifestazione bipartisan, con Borrelli dei Verdi e Lettieri del Pdl

Una torta di panna e fragole, con tanto di scritta "Autostrada Salerno-Reggio 50 anni di vergogna", per "festeggiare" il mezzo secolo di vita dell'A3, autostrada iniziata nel 1962 e ancora non terminata. Nel corso di questi anni a nulla sono valsi i numerosi appelli e le dichiarazioni d'intenti pronunciati per alleviare i disagi degli automobilisti, sottoposti a un supplizio soprattutto durante i trasferimenti per le ferie estive. 

E così, questa mattina, al casello autostradale di San Giorgio a Cremano  e, contemporaneamente, in quello di Reggio Calabria, hanno preso il via gli insoliti festeggiamenti per l'anniversario. Nei pressi del Punto Blu il proprietario di una Fiat Topolino d'epoca, immatricolata nel 1948 e da tempo fuori produzione, ha messo a confronto la sua vettura con l'autostrada "che i suoi cinquant'anni li dimostra, eccome". 

Promotori dell'iniziativa, lo speaker radiofonico Gianni Simioli e il commissario campano dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli. "Chiediamo che venga completata - dice Borrelli - dopo 50 anni e uno spreco di denaro che ci risulta essere la più costosa nella storia dell'umanità. Per le Piramidi ci vollero mediamente 20 anni, la muraglia cinese fu completata in 10 anni". 

Tra i presenti alla manifestazione anche il capo dell'opposizione in consiglio comunale a Napoli, Gianni Lettieri: "Non è da paese civile nè da paese europeo percorrere 200 chilometri in queste condizioni; ci vogliono anche tre ore e mezza di macchina, senza contare la pericolosità. Dicono che al Sud non si devono spendere più soldi: probabilmente perché in passato ci sono stati degli errori non nella quantità della spesa, probabilmente anche inferiore al necessario, ma nella qualità. E l'A3 è uno degli esempi".

"Porterò all'attenzione del Parlamento e della Commissione europea lo scandalo della Salerno-Calabria, il cantiere autostradale più vecchio d'Europa, eternamente incompleto. Chiederò, se necessario, la mobilitazione di tutti i colleghi per mettere fine a questa autentica vergogna". E' quanto afferma, in una nota, il vice capodelegazione del Pd al Parlamento europeo Andrea Cozzolino che sostiene la campagna promossa dall'associazione Assud per il completamento della Salerno-Reggio Calabria.

"Non è da paese civile - dice Cozzolino - che a cinquant'anni dalla posa della prima pietra la strada più importante del Mezzogiorno d'Italia ancora non venga ultimata. Esistono tratti della Salerno-Reggio Calabria più simili ad una mulattiera di montagna che ad un'autostrada lontana parente di una rete di collegamento di livello europeo". 

"Questo è causa di pesanti disagi nella mobilità e rallenta fortemente lo sviluppo economico, soprattutto sul versante turistico, di Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, rendendo di fatto, i cittadini di queste quattro regioni, italiani di serie B a tutti gli effetti - conclude Cozzolino - E questo non lo possiamo accettare.
Completare la Salerno-Reggio Calabria è anche una grande e fondamentale operazione di legalità perché metterebbe fine al grande business di appalti, sub appalti e forniture che ruotano intorno ai cantieri eternamente aperti e su cui, come ci dicono tutte le indagini dell'antimafia, lucrano la camorra, la mafia e la 'ndrangheta".

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/09/15/news/salerno-reggio_50_anni_di_lavori_sulla_torta_c_scritto_vergogna-42601052/
settembre 21, 2012

La droga di Draghi.

Faranno tutto il possibile, ma non sarà abbastanza
Moreno Pasquinelli – Con due fave i mercati finanziari si vedono serviti su un piatto d’argento tre appetitosi piccioni. Il combinato disposto tra l’annuncio della Bce e…Visualizza altro

Foto: La droga di Draghi

Faranno tutto il possibile, ma non sarà abbastanza
Moreno Pasquinelli - Con due fave i mercati finanziari si vedono serviti su un piatto d’argento tre appetitosi piccioni. Il combinato disposto tra l’annuncio della Bce e la decisione della Fed di un terzo Quantitative easing (Qe) ha allontanato l’incipiente tempesta finanziaria, ha probabilmente assicurato la rielezione di Obama, ed infine evitato che Spagna e Italia precipitassero in uno stato di insolvenza sui debiti sovrani. Queste misure hanno tuttavia il fiato corto. Ecco le ragioni.

Le misure della Federal reserve 
La promessa della Bce di acquistare consistenti quantità di titoli di Stato di paesi sull’orlo del default come Spagna e Italia è stata spacciata come un “bazooka”. Seguendo quest’analogia militare dovremmo rappresentare la mossa della Fed come una “cannonata”. La terza per la precisione.

Con i due precedenti Qe la Federal reserve acquistò titoli di stato americani per la somma stellare di 2.300 miliardi di dollari (per capirci, quanto il Pil della Francia). Speravano, con quelle manovre, non solo di evitare l’insolvenza della Casa Bianca, ma di stimolare la crescita e di spingere in su il Pil. Il ricorso ad una terza operazione di Qe attesta il fallimento di quelle aspettative. L’economia americana è impaludata in un ciclo lungo di stagnazione. Né va dimenticato, a proposito di risorse esborsate per "salvare" il sistema bancario moribondo, i 700 miliardi di dollari che Bush chiese e ottenne dal Congresso per salvare l’agonizzante sistema bancario USA.

Se consideriamo anche i salvataggi bancari in Europa, governi e banche centrali hanno elargito, euro più euro meno, la "sommetta" di 4.700 miliardi: «A conti fatti il salvataggio delle banche d’Europa e degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni è costato ai contribuenti un ammontare che corrisponde all’incirca a tre volte e mezzo la ricchezza che verrà creata nel 2012 in un paese come l’Italia oppure, se preferite, grande quanto il Pil di Francia e Germania messe assieme». [1]

Cifre che danno, da una parte, la misura del carattere strutturale e sistemico della crisi capitalistica, dall’altra del livello inedito di finanziarizzazione dell’economia, infine di quanto i pubblici poteri siano sì asserviti ai grandi conglomerati speculativi ma contino ancora moltissimo — non fosse perché amministrano budget statali che fanno la metà circa del Pil nazionali. I governi hanno infatti seguito politiche basate sul dogma per cui, solo salvando il capitalismo-casinò, l’economia reale avrebbe imboccato la strada della “crescita”.

Tab. 1 - Titoli di stato in mano alle banche centrali. Sotto l'effetto leva: una mina sotto Fed e Bce

Così non è stato evidentemente se Bernanke, pur di stimolare il ciclo economico (e, ripetiamolo, salvare Obama), è dovuto ricorrere ad un terzo Qe. Diverso dai precedenti per modalità e dimensioni. Questa volta la Fed acquisterà direttamente dalle banche titoli garantiti dai mutui immobiliari (i famigerati Mortagage backed Securities, titoli tossici in sostanza). Il motivo apparente è quello di far ripartire il mercato immobiliare, considerato pilota ma che da anni resta al palo. In verità si tratta di un nuovo soccorso alle banche, che potranno sbarazzarsi, consegnandoli alla Fed in cambio di moneta sonante, dei titoli spazzatura che pregiudicano i loro bilanci. Bernanke ha promesso che la Fed acquisterà 40 miliardi di dollari al mese di obbligazioni ballerine, almeno fino al 2015, per un ammontare totale di circa 1.400 miliardi di dollari. Inoltre «La Fed ha ribadito che continuerà fino a fine anno l’operazione Twist, che scambia titoli del Tesoro a breve già in portafoglio per bond a lunga, per un ammontare di 45 miliardi al mese». [2] Dulcis in fundo: queste operazioni vengono adottate mentre la Fed mantiene a zero il tasso di sconto (l’interesse che le banche pagano a quella centrale quando chiedono denaro).

Fiumi di liquidità — che Benanke può mettere in circolazione senza temere l’inflazione interna che spalma appunto su scala mondiale a causa del fatto che il dollaro resta la moneta principe delle transazioni commerciali e anzitutto finanziarie — riversati sui mercati che a poco sono serviti e a poco serviranno. 

Il fatto è che i mali del capitalismo non possono essere risolti dalle politiche monetarie, per quanto super-espansive (con buona pace dei keynesiani e degli ultra-keynesiani della Mmt). Se ciò che ha fatto grippare tre pistoni su quattro del capitalismo occidentale è, come riteniamo, la caduta del generale saggio di profitto nei settori primari, non è che aumenti la potenza riempiendo i serbatoi dove le banche stipano il danaro.

Ricorrendo ad un’altra analogia: le iniezioni di liquidità sono come dosi di steroidi anabolizzanti, i cui effetti non soltanto sono decrescenti ma pregiudicano la capacità dell’organismo di produrre testosterone.

Questa liquidità, come è empiricamente dimostrato dall’andazzo degli ultimi anni, mentre aumenta i debiti pubblici degli Stati, non finisce che in minima parte nei settori primari dove si crea il plusvalore, precipitano invece nel pozzo senza fondo del gioco d’azzardo finanziario. Col che la crisi capitalistica si avvita su se stessa avvicinando il momento del grande crack dell’Occidente imperialistico. Un crack che colpirà anzitutto l’Europa, per la semplice ragione che i suoi paesi sono zavorrati dal dover tenere in vita una moneta unica insensata, che cozza contro le più elementari leggi di mercato.

Il “bazooka” della Bce fa cilecca 
Abbiamo già smascherato, in due precedenti articoli, il cosiddetto “miracolo" dell’operazione Omt della Bce [Te lo do io lo scudo antispread e Più che bond comprano tempo]. 
Non ci soffermiamo quindi sui dettagli e sulle severe condizioni poste da Draghi affinché la Bce acquisti titoli di debito sovrano.
Sta di fatto che è dalla fine di luglio che ce la menano con la diminuzione degli spread tra i titoli italiani e spagnoli con quelli tedeschi. Si sprecano gli Osanna a Draghi. 

I numeri danno ragione ben poco alla schiera degli analisti salmodianti. Vero è che da fine luglio gli interessi che il Tesoro italiano deve pagare a chi acquista i suoi titoli sono scesi sensibilmente, mentre son cresciuti quelli che deva pagare il governo tedesco. A guardarle da vicino le cose sono un po’ più complicate. Se prendiamo a riferimento i titoli tedeschi a due anni, prima del 25 luglio (data delle dichiarazioni di Draghi “faremo tutto il possibile, e sarà abbastanza"), davano un interesse negativo dello 0,064. Oggi ne danno sì uno positivo ma irrisorio, lo 0,030. Prendiamo pure i titoli a 10 anni, i BTp. Un mese e mezzo fa, quando la tempesta era in arrivo, il Tesoro pagava il 6,41% di interessi, oggi, dopo il “bazooka” della Bce siamo al 5,40. Un punto in meno ma sempre sopra la soglia del 5%.

Di che cosa stanno dunque parlando gli esaltati? Se sono queste le cifre che dovrebbero attestare l’efficacia dello scudo anti-spread (la mossa della Bce + il fondo Esm/Mes cosiddetto salva-stati in arrivo, dovremmo concludere che si tratta di uno scudo quanto mai sgangherato. Ci si dirà che per adesso siamo alle prese solo con l’annuncio dell’entrata in vigore dello scudo, che quando la Bce passerà ai fatti si otterranno risultati eclatanti. Ci sia permesso dubitarne. Non si può ad ogni piè sospinto dire che i mercati si muovono sulle aspettative (di guadagno o di perdita) e poi, quando fa comodo, dimenticarsene. Gli speculatori (o investitori finanziari, che dir si voglia) agiscono sul filo del tempo reale e in base alla massima “piatto ricco mi ci ficco”. Se io sono un trader, mi precipito ad acquistare  i titoli dei paesi periferici, poiché il fatto che la Bce funge da garante di ultima istanza, non solo farà salire il loro prezzo ma mi assicurerà dal rischio di insolvenza dell'emittente. Invece non c’è stata alcuna fuga in massa dai titoli dei paesi core e nessuna calca ad acquistare quelli dei periferici.

Perché dunque la grande finanza globale, malgrado la polizza Bce, non è corsa ad acquistare titoli spagnoli e italiani? Per la semplice ragione che ritengono ancora molto probabile l'implosione dell'euro, eventualità rispetto alla quale la garanzia fornita dalla Bce è del tutto inadeguata. C'è una sola cosa che potrebbe davvero convincere i "mercati" che l'euro sopravviverà: il passaggio tutto politico dell'Unione ad un vero e proprio super-Stato a tutela tedesca.

Non vogliono ammetterlo ma i tecno-oligarchi europei speravano che la decisione della Bce e il lasciapassare della Corte costituzionale tedesca, avrebbero abbassato lo spread sui Bonos spagnoli e i BTp (quelli che fanno da benchmark, da punto di riferimento) a meno di 200 punti mentre ballano tra i 430 e i 350. Dato ancora più allarmante: gli interessi dei Bonos spagnoli sono al 6%, addirittura più alti rispetto al novembre dell'anno passato.

Cosa significhi per le economie capitalistiche la forbice dello spread sui titoli è presto detto. Per vendere un’obbligazione decennale un’azienda solida nel settore delle utilities come la Snam, è costretta a pagare un tasso d’interesse del 5,23%, poco sopra il 5,17% del BTp analogo. Ma un’obbligazione con scadenza simile della tedesca Rwe (che ha un rating paragonabile a quello di Snam) rende il 2,40%. Snam deve sopportare tassi d’interesse doppi rispetto alla sua concorrente tedesca. «Il verdetto è impietoso: l’industria italiana difficilmente potrà competere con quella dei paesi più forti. Il tessuto industriale italiano rischia di finire al tappeto». [3]

In pratica, alle spalle dell’eurozona e in barba alla moneta unica, insistono gerarchie di potenza e disparità di condizioni enormi, che altro non sono che la maschera dietro alla quale si nascondono i vecchi stati nazionali, gli irriducibili interessi dei diversi capitali. Ad un'unica divisa formale corrispondono diverse monete reali.

Le cose non miglioreranno nei prossimi mesi anzi, tenderanno a peggiorare, con la forbice degli spread dell’eurozona che tornerà ad allargarsi. A verifica c’è il fatto che nelle borse europee l’effetto Draghi non si è fatto sentire quasi per niente. Gli analisti parlano di “correlazione inversa”, quella tra valore delle azioni e saggi dei titoli di stato: quando questi ultimi scendono, di norma, salgono le quotazioni in borsa. Questa sincronia non ha funzionato. [4]

Segno che i mercati restano guardinghi, non si attendono gran che dalle misure combinate della Bce e del fondo Esm/Mes e, come noi, considerano molto probabile il default di Spagna e Italia. Del resto non è un mistero che l’aumento delle quotazioni di Bonos e BTp è stato determinato da una delle più classiche operazioni speculative, l’urgenza di ricoprire le posizioni al ribasso, anzitutto da parte della finanza anglosassone. [5]

Tra le borse ha fatto parzialmente eccezione Piazza Affari, che dallo scorso 24 luglio ha guadagnato un 31%, circa 67 miliardi di capitalizzazione recuperata. Ma la parte del leone l’hanno fatta le banche (che sono i principali attori della borsa di Milano) appunto perché la mossa della Bce è stata come una polizza assicurativa per banche e assicurazioni italiane, le più esposte sul debito sovrano tricolore.

Non stiamo dicendo che lo scudo anti-spread (acquisti Bce e fondo salvastati) non entrerà in funzione, certo che ci entrerà. Ci entrerà anzi molto presto, forse già ad ottobre, ma appunto per prevenire il collasso della Spagna e a seguire quello dell’Italia. Il fatto che ci sia tanta fretta di farlo entrare in funzione ci dice due cose: che l’effetto annuncio della Bce, ribadiamolo, non ha sortito l’effetto sperato, e che la moneta unica resta appesa ad un filo. E resta appesa ad un filo perché il vero "bazooka" salva-euro, il passaggio dell'Unione ad un super-stato è altamente improbabile se non impossibile.

Tornando allo scudo e alla sua efficacia gli analisti si chiedono se i fondi preventivati saranno sufficienti per evitare i default di Spagna e Italia. La risposta è che non basteranno. Se questi paesi non usciranno presto dalla recessione (che diminuisce le entrate fiscali, rende impossibile ridurre i disavanzi di bilancio e distrugge il tessuto produttivo) non ci sarà scudo che tiene. Del resto come dimenticare che per far scattare le compere della Bce i paesi in questione debbono chiedere l’intervento del Mes/Esm. Sorvoliamo sul fatto che questo nuovo Trattato sottopone i paesi debitori ad un vera e propria dittatura di quelli creditori. Il meccanismo degli “aiuti” è diabolico. Affinché entri in funzione ogni paese deve versare la sua quota (per la Spagna è di 83 miliardi di euro, per l’Italia di 125 e rotti). Spagna e Italia, insomma per ricevere gli aiuti e finanziare i loro debiti debbono indebitarsi ulteriormente, aggravando quindi i bilanci pubblici già traballanti. Non salvastati quindi ma ammazza-stati si dovrebbe chiamare il Mes/Esm!

Nel frattempo, e le notizie in merito sono volutamente messe in sordina, le condizioni di Grecia e Portogallo (paesi “salvati” ovvero già tagliati fuori dai mercati finanziari) peggiorano. Malgrado i due “salvataggi” i creditori della Grecia, tramite il Fmi, si stavano accordando per estendere dal 2012 al 2014 la scadenza affinché il paese riesca a mettere  il bilancio in pareggio. [6] In verità le cose stanno messe molto peggio, veniamo a sapere che la Troika «non crede che la Grecia riuscirà a ridurre il debito pubblico al livello del 120% del Pil entro il 2020 come concordato» [7]  Un’impasse, quello greco che può spingere nel prossimo futuro, malgrado tutti i proclami ufficiali in senso contrario, il paese fuori dall’euro.

Tab. 3 - I "salvataggi" che salvano solo banche e finanza speculativa 

Veniamo poi a sapere che il Portogallo «Non riuscirà come sperato a centrare gli obiettivi di deficit imposti da Ue, Bce e Fmi che nel maggio dell’anno scorso hanno salvato il paese dal default con un prestito di 78 miliardi». [8] Su chi venga effettivamente "salvato" il caso greco è esemplare (vedi tabella n.3).

La Spagna, da parte sua, avrebbe già visto schiantarsi il suo sistema bancario se non fosse stato per il prestito di 100 miliardi elargito a luglio dalla Ue. Per adesso la falla è stata tamponata. Per adesso, visto che anche i calcoli più generosi parlano di una voragine di alcune centinaia di miliardi. Degna di nota, anche in questo caso, l’assurdità del meccanismo di aiuto. L’Italia ad esempio, ha versato la sua quota (sarà messa a bilancio dai “tecnici” questa voce di spesa?) prestando alla Spagna soldi al 3% ma prima ha dovuto reperirli sui mercati pagando quasi il 7%. Per restare alla Spagna e per capire che aria tiri in questo paese si deve sottolineare l’enorme fuga di capitali monetari e risparmi verso lidi più sicuri: «In appena un mese i depositi si sono ridotti del 5,4% passando da 662 miliardi di giugno a 626 di luglio. Praticamente si sono volatilizzati 36 miliardi di euro. Il dato è allarmante se si pensa che, da inizio anno, il calo dei depositi è stato complessivamante di 45 miliardi. In pratica l’80% dell’emorragia di depositi del 2012, si è vista nel solo mese di luglio». [9]

L’intervento della croce-rossa-Bce ha evitato un’altra volta un collasso, e riuscirà per un po’ di tempo a tenere in vita l’euro, ma esso è ormai in uno stato di coma farmacologico. A Gennaio, anche a causa di una recessione che colpirà più duro, saremo probabilmente da capo a dodici, con la finanza speculativa che alzerà il prezzo per non fuggire dai paesi dell'Europa meridionale. Un prezzo che nessuno potrà pagare, e che i tedeschi per primi non vorranno pagare.

A ciò vanno aggiunti due fattori, diversi per dimensioni ma entrambi importanti.
Il primo ci riguarda da vicino ed è che l’Italia sarà particolarmente esposta, con l’avvicinarsi delle elezioni e l’incertezza sul dopo-Monti, alle pressioni dei mercati finanziari, i quali non esiteranno — pur di essere certi che la sovranità nazionale sarà stata stracciata e che il popolo verrà spremuto come un limone per tenere fede al rimborso del debito — a giocare pesante come fecero nel novembre del 2011, spingendo Berlusconi alle dimissioni.

La seconda è che a causa della ingente liquidità immessa nei circuiti finanziari, anzitutto dalla Fed, potremmo avere l’esplosione di una nuova bolla finanziaria globale, un crollo generale dei valori borsistici. Dove, a quel punto, la Fed e la Bce, troveranno ulteriori risorse dato che hanno riempito i loro bilanci di titoli spazzatura e che l'effetto leva è già ai massimi? 
Rischieranno esse stesse un radicale deprezzamento dei loro assets. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili.

Note

[1] Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore. 18 luglio 2012
[2]Marco Valsania, Il Sole 24 Ore. 14 settembre 2012 
[3] M0rya Longo, Il Sole 24 Ore. 11 settembre 2012
[4] Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore. 12 settembre 2012
[5] Walter Riolfi, Il Sole 24 Ore. 11 settembre 2012
Ricoprire posizioni al ribasso o mettersi short, significa lucrare facendo leva sul deprezzamento del titolo su cui giochi. Ciò ha a che fare con la cosiddetta vendita allo scoperto. Esempio: vendo un titolo che ho preso in prestito da una banca o altro operatore al prezzo di 10 euro per riacquistarlo poi a 8. Il contrario è entrare a rialzo o mettersi long, scommettendo sull'apprezzamento del titolo. Compri ad 8 euro sperando di rivenderlo a 10 euro. 
[5] Walter Riolfi, Il Sole 24 Ore. 11 settembre 2012
[6] Vittorio da Rold, Il Sole 24 Ore. 14 settembre 2012
[7] la Repubblica. 17 settembre 2012
[8] Luca Veronese, Il Sole 24 Ore. 12 settembre 2012
[9] Andrea Franceschi, Il Sole 24 Ore. 13 settembre

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2192:la-droga-di-draghi&catid=171:unione-europea
settembre 21, 2012

Manager italiani sempre più ricchi, lavoratori sempre più poveri.

Manager italiani sempre più ricchi, lavoratori sempre più poveri

Sono stati pubblicati i compensi ufficiali dei manager italiani nel 2011. Il dato è impressionante. L’indice della borsa italiana è sceso del 25 % ma i ma…Visualizza altro

Foto: Manager italiani sempre più ricchi, lavoratori sempre più poveri

di Alfiero Grandi - Sono stati pubblicati i compensi ufficiali dei manager italiani nel 2011. Il dato è impressionante. L’indice della borsa italiana è sceso del 25 % ma i manager delle stesse aziende hanno aumentato le loro retribuzioni. In particolare i 100 più pagati hanno incassato nel 2011 ben 352 milioni di euro complessivi. Con un aumento di 50 milioni sull’anno precedente, pari al 16,5 % di aumento su base annua. Una voracità non comune.

A fronte di questi compensi ci sono le retribuzioni dei lavoratori dipendenti che non recuperano neppure l’inflazione. Secondo l’Istat le retribuzioni contrattuali sono aumentate dell’1,8 % contro un’inflazione del 3,3 % e il salario lordo medio annuo nel 2011 è circa 23.000 euro. Quindi il rapporto tra la retribuzione del più pagato (Tronchetti Provera) pari a 23 milioni lordi e la retribuzione media lorda dei lavoratori è circa 1.000 volte. Qualche tempo si stimava il rapporto 1: 400, ormai questo rapporto è stato superato di slancio.

Questo segnala una volta di più che mentre ai lavoratori vengono chiesti sacrifici, salari legati alla produttività, i capi delle aziende aumentano le loro retribuzioni in modo più che proporzionale, annullando gli aumenti della tassazione e dei prezzi. Anzi aumentando il loro margine di guadagno netto. Sarebbero questi gli esmpi da proporre al paese ? Per di più si aumentano i compensi mentre le loro aziende si svalutano in borsa e sono in difficoltà. Si potrebbe dire che più difficoltà hanno le aziende più aumentano i loro compensi.

I lavoratori invece stringono la cinghia. Diminuiscono gli occupati. Poiché complessivamente il monte salari si riduce la domanda interna e quindi la recessione diventa più grave.

E’ chiaro chi porta il peso e chi si fa portare.

Sarà anche un termine desueto, ma questa si chiama lotta di classe e per di più la stanno vincendo le classi dominanti che aumentano la quota di Pil che si autoattribuiscono, mentre i lavoratori diminuiscono pesantemente la loro quota.

Così si ottengono 2 effetti, entrambi negativi. Il primo è che le distanze sociali aumentano per effetto dell’egoismo delle classi dominanti. L’Italia è oggi un paese fortemente ineguale e con mobilità sociale pari a zero. Il secondo è che la ripresa economica si allontana perché senza una ripresa della domanda interna – che solo l’aumento dei salari, degli stipendi e delle pensioni può garantire – e della fiducia nel futuro, l’economia italiana è destinata al ristagno. Per di più non è nemmeno vero che essendo i percettori di alti redditi pochi, solo “tosando” la grande massa dei contribuenti si possono trovare le risorse necessarie per aiutare la ripresa.

In realtà oggi le risorse crescenti che le classi dominanti si attribuiscono, in totale controtendenza all’andamento dell’economia e delle aziende, è talmente ingente che solo introducendo una tassazione adeguata di queste ricchezze si possono ottenere le risorse per rilanciare l’economia. L’alternativa è un abbassamento ancora più drastico del livello retributivo e di vita dei lavoratori, perché solo così si può creare il margine necessario a loro spese.

Per questo è perlomeno strana l’affermazione del Presidente Monti che si augura che le richiesta salariali per i rinnovi contrattuali siano moderate. Per rimettere in moto la domanda servono anche aumenti salariali.

La questione è seria e andrebbe affrontata con chiarezza, altrimenti non usciremo dalla recessione.

Premesso che il 2012, come alcuni hanno detto da tempo, si chiuderà con una diminuzione del Pil del 3 %, malgrado tutti i tentativi di addomesticare i conti. Ora il Governo è costretto a rivedere le previsioni, ma insiste a dare numeri troppo ottimistici. Anche per il 2013, anno in cui – senza interventi adeguati -  non vi sarà ripresa economica in Italia e quindi la disoccupazione continuerà a crescere.

L’Italia avrebbe bisogno di una politica economica espansiva mirata a sostenere i redditi da lavoro e le pensioni e gli investimenti in innovazione, prendendo le risorse da chi palesemente le ha, con tutti i mezzi legali disponibili. Mezzi di cui si discute da tempo: patrimoniale, tassare le rendite finanziarie come gli altri redditi, abolire i privilegi fiscali, accordo con la Svizzera per tassare almeno un poco i capitali con targa italiana, ecc. Un esempio ulteriore: perché non introdurre anche in Italia la normativa a cui sta pensando Hollande, con un prelievo sui redditi alti portato al 75 % ? Chi guadagna 23 milioni all’anno ha ancora margine, o no ?

La produttività è un problema del sistema paese, tanto più in presenza di una classe dominante che nella sua maggioranza ha perlomeno un atteggiamento di tutela esclusiva dei suoi interessi, in barba ad ogni interesse collettivo. Infatti i lavoratori si impegnano duro mentre i manager traggono sempre maggiori introiti da aziende in difficoltà. Per i manager evidentemente il problema del risultato del loro lavoro non esiste.

Questa è la classe economica dominante che vorrebbe condizionare anche il futuro politico del nostro paese, perfino in barba ad ogni risultato elettorale.

Anche il piano del Governo per la ripresa economica è quanto mai evanescente. Se ne sa poco e quel poco è deludente. Per immettere energie nell’economia occorrono risorse. Più volte sono state fatte proposte ma il Governo le ignora e pensa solo ai conti pubblici. Conti che sono destinati ad essere sempre in difficoltà senza ripresa economica. Il cane si morde la coda e prima o poi rischiamo di dovere chiedere l’aiuto europeo che verrebbe dato a condizioni che porterebbe a ulteriori sacrifici e a una perdita secca di autonomia nelle scelte.

E’ curioso che tocchi a Strauss Kahn, purtroppo travolto da vicende non commendevoli, avanzare proposte sulle questioni della finanza pubblica che meriterebbero attenzione. Propone infatti DSK di utilizzare almeno una parte dei margini sul debito pubblico che lucrano i paesi forti dell’Europa a vantaggio dei paesi più deboli e indebitati. Ha ragione. L’attuale meccanismo salva stati è tutto caricato sulle spalle dei paesi che hanno bisogno di aiuto, che in pratica debbono pagarsi da soli il riequilibrio, mentre altri guadagnano molto dalle loro difficoltà. Purtroppo la Bce ha scelto questultima via e il Fmi ha cambiato direttore. Peccato che DSK abbia creato da solo le condizioni per non essere ascoltato, la proposta che ha avanzato nella lontana Ucraina è tuttaltro che poca cosa.

http://cambiailmondo.org/2012/09/20/manager-italiani-sempre-piu-ricchi-lavoratori-sempre-piu-poveri/
settembre 21, 2012

Sprechi pubblici, quanto ci costano le Regioni e i consiglieri.

Lo scandalo delle spese folli compiute con i soldi della Regione Lazio ha aperto una questione molto scottante che riguarda gli sprechi compiuti dalle regioni nel nostro Paese….Visualizza altro

Foto: Sprechi pubblici, quanto ci costano le Regioni e i consiglieri

Lo scandalo delle spese folli compiute con i soldi della Regione Lazio ha aperto una questione molto scottante che riguarda gli sprechi compiuti dalle regioni nel nostro Paese. D’altronde dobbiamo considerare che si tratta di soldi pubblici, pagati dagli Italiani, che spesso non vengono amministrati in maniera adeguata, rappresentando spese eccessive e non funzionali al bene della cosa pubblica. Il fenomeno non riguarda soltanto una regione e ciò che sta venendo fuori riguardo alla Regione Lazio rappresenta soltanto la punta dell’iceberg di uno spreco molto più diffuso. Esaminiamo la situazione regione per regione.

Il problema è aggravato dal fatto che spesso sulla questione non vengono svolti controlli adeguati in relazione alle spese dei gruppi consiliari. Tra l’altro in molte regioni c’è anche una sola persona che costituisce un gruppo e questo rende più facile lasciarsi andare agli sprechi di denaro pubblico.

Quanto ci costano le regioni

Esaminando la situazione regione per regione, ci si accorge ad esempio che in certi casi si raggiunge un livello molto elevato di spese per gli organi costituzionali. E’ il caso per esempio della Sicilia, in cui si spendono 167,5 milioni di euro (3317 euro ogni 100 abitanti) per questa voce di spesa, a differenza di altri luoghi d’Italia, come Trento o Bolzano, in cui si spendono rispettivamente 13,1 milioni di euro (2467,1 euro ogni 100 abitanti) e 8,4 milioni di euro (1649,6 euro ogni 100 abitanti).

Molto indicativa è anche la situazione che riguarda il numero di commissioni e di giunte che troviamo nelle varie regioni italiane. In questo caso il primato spetta al Lazio (21), seguito dalla Sicilia e dalla Lombardia (14). La regione con meno commissioni e giunte è il Molise (5).

Un’altra voce di spesa da tenere in considerazione è quella che riguarda gli studi e le consulenze. In questo caso Trento non si dimostra particolarmente virtuosa, visto che arriva ad una spesa di 5.502,1 euro ogni 100 abitanti. Sicuramente ridotte sono le spese dell’Abruzzo, con 40,9 euro ogni 100 abitanti.

Per ciò che concerne gli emolumenti del presidente della Giunta, al primo posto troviamo la Lombardia (14767), al secondo la Puglia (14595) e al Terzo la Sicilia (14192). La regione che risparmia di più in questo senso è la Toscana (7452).

Quanto ci costano i consiglieri regionali

In Italia ci sono in tutto 1.111 consiglieri regionali. Ciascuno di essi costa 743.000 euro all’anno, senza considerare le spese per il personale amministrativo di supporto. Naturalmente la situazione non è uguale per tutte le regioni, anche se complessivamente si tratta di cifre enormi.

La situazione migliore da questo punto di vista è in Emilia Romagna, nelle Marche e nel Veneto, mentre il bilancio appare disastroso in Molise, in Sicilia, in Calabria, in Basilicata e in Piemonte. Lazio e Lombardia non se la cavano meglio.

Il record spetta al Lazio, dove ci sono 71 consiglieri distribuiti in molti gruppi, commissioni e comitati, che comportano un grandissimo spreco di soldi. I dati che emergono sono davvero allarmanti e mettono in cattiva luce il comportamento dei politici, che non sembrano fare niente per limitare le spese.

Non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese sta affrontando una situazione economica piuttosto difficile. Anche per questo gli sprechi non sono ammissibili. Per risolvere la situazione occorrerebbe un atto di responsabilizzazione generale, di cui la politica in questo momento sembra davvero mancare.

http://www.politica24.it/articolo/sprechi-pubblici-quanto-ci-costano-le-regioni-e-i-consiglieri/24761/
settembre 21, 2012

Non dimentichiamo.

Il 21 settembre 1990, il giudice Rosario Livatino veniva ucciso dalla mafia agrigentina mentre andava a compiere il proprio dovere in Tribunale; va ricordato che Il presidente Francesco Cossiga lo aveva definito un “giudice ragazzino”, inadatto ad occuparsi di processi di mafia e intrecci con la politica ed invece la sua morte è la dimostrazione che di lotta alle mafia ne era capace.
“Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili” (R. Livatino).

settembre 21, 2012

In galera, senza pietà!

(@sandro082) >
No, @alesallusti in carcere no (http://tinyurl.com/c5u9qmt) (@sandro082) >
settembre 21, 2012

L’incompatibilità è nelle cose.

“Una coalizione c’é se si capovolge l’agenda Monti. C’é se a pagare saranno le grandi ricchezze e non il lavoro dipendente. C’é se si assomiglierà a Hollande e non alla troika di Bruxelles”. Così Nichi Vendola all’incontro dell’Idv a Vasto, dove è stato accolto da Antonio di Pietro. “Non la facciamo più questa discussione che riguarda l’Udc e Casini. L’incompatibilità è nelle cose”.

settembre 21, 2012

Rogo nel deposito dei cinesi. Il leghista: “Nessun morto? Che peccato”

Rogo Fabbrica Cinesi Monza

 

Un enorme deposito di giocattoli cinesi è andato in fiamme ieri sera, tra Brugherio e Monza, nel cuore produttivo della Brianza. Un incendio che ha tenuto impegnati decine di vigili del fuoco per diverse ore di lavoro e che ha prodotto alte colonne di fumo visibili anche da Milano. La vicenda non è sfuggita ai leghisti brianzoli, tanto che il segretario della sezione di Bovisio Masciago, Patrizio Ferrabue, ha colto l’occasione per lasciarsi andare ad commento decisamente sopra le righe. Nel corso dello scambio di battute con i suoi interlocutori ha chiesto: “Quanti cinesi morti?”. Gli hanno detto: “Nessuno…” E lui per tutta risposta: “Vabbè sarà per la prossima, però che peccato!!!!”. Con tanto di faccina sorridente.