Non si arrendono. Non ci stanno a perdere il proprio posto di lavoro. Ma anche la propria professionalita’, acquisita nel corso degli anni. E, cosi’, decidono di mettersi in gioco, e di tentare il tutto per tutto, ‘cooperando’ tra loro e mettendo ‘a sistema’ le proprie competenze. Sono sempre di piu’, dall’inizio della crisi, infatti, i lavoratori di imprese in crisi, o a rischio chiusura, che scelgono di rilevare l’azienda, formando una cooperativa tra loro. Dando ‘un calcio’ alla crisi. “Il fenomeno e’ in crescita in questi ultimi anni”, racconta a LABITALIA Aldo Soldi, direttore generale di Coopfond, il fondo mutualistico di Legacoop, che sostiene lo sviluppo delle cooperative nel sistema economico. “Nella nostra attivita’ -spiega- c’e’ stata una forte accelerazione dal 2009 ad oggi, e cosi’ abbiamo contribuito a mettere in piedi una trentina di realta’ aziendali”. Imprese in cui “i lavoratori, o perche’ l’azienda e’ andata in crisi, o perche’ non c’e’ ricambio generazionale alla guida, decidono di rilevare la proprieta’ formando una cooperativa tra loro”. “E’ una scelta -aggiunge Soldi- che i lavoratori fanno per diversi motivi. Innanzitutto, per non perdere il posto di lavoro. Ma in molti casi abbiamo riscontrato che c’e’ anche la volonta’ di difendere la propria professionalita’, il proprio saper fare. I settori in cui operano le aziende che sono rilevate dai lavoratori sono i piu’ vari: si va dalla fabbricazione delle piastrelle fino a quella delle cravatte”.
Piccole cooperative crescono.
Biocidio di massa.
Tra Napoli e Caserta +47% di mortalità dovuta a malattie tumorali. Lo rivela l’Istituto oncologico Pascale, lo confermano gli studi del luminare Antonio Giordano e il senatore Ignazio Marino presenta un’interrogazione parlamentare. È un biocidio, ecco i nomi dei responsabili.

Il luogo comune italico impone come si dovrebbe morire in Campania. Napoli e Caserta ci hanno abituati ai morti ammazzati dalle faide di camorra e dai mitra dei killer al soldo dei boss. Tutti sanno chi è il cattivo e le istituzioni possono anche gridare “vergogna”. Invece nella ex Campania felix si muore in silenzio e lentamente. Sono le malattie tumorali a uccidere: il 47% in più delle volte del resto del Paese. A rivelarlo è l’Istituto oncologico Pascale di Napoli in uno studio pubblicato dal quotidiano Avvenire. Ecco nello specifico cosa dicono alcuni dati: «Per quanto riguarda, ad esempio, il tumore del colon retto, in provincia di Napoli – si legge nello studio del Pascale – nel triennio 1988/1990 si riscontra negli uomini un tasso del 17,1 su 100mila abitanti, negli uomini, che nel periodo 2003/2008 sale al 31,3», mentre nelle donne gli stessi tassi per gli stessi periodi sono «16,3 e poi 23». E a Caserta: «19,3 (sempre per 100mila) per i maschi dal 1988 al 1990 e 30,9 dal 2003 al 2008», con «16,4 e poi 23,8 nelle donne». Al contrario i tassi italiani, per lo stesso tipo di tumore e gli stessi periodi, «sono stabili, passando dal 33 al 35 negli uomini e dal 30,5 al 29,3 nelle donne».Ma non finisce qui, sono interessati anche polmoni, mammelle e fegato: «l’incremento del tasso di mortalità femminile per tumore del polmone è stato superiore al 100% nella provincia di Napoli ed al 68% in quella di Caserta. Il tasso di mortalità per tumore alla mammella, che era21,4 inprovincia di Napoli nel 1988/1990, è aumentato fino a 31,3 nel 2003/2008, mentre in Italia passava da37,6 a37,7.
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Non ditelo ai petrolieri.
Si chiama Eole water, a prima vista sembra una normale pala eolica, invece oltre a fare elettricità produce anche 62 litri di acqua potabile ogni ora. Una manna per le popolazioni del terzo mondo a cui servono sia una che l’altra risorsa.
Il primo prototipo è una pala di 24 metri nel deserto di Abu Dhabi, e funziona a meraviglia. Il funzionamento è semplice: attraverso apposite feritoie l’aria entra in un cono, viene riscaldata dal normale generatore che trasforma l’umidità in vapore denso, il vapore finisce in un compressore e quindi condensato in acqua pura.
L’impianto è autosufficiente perché la turbina eolica produce energia da sola senza bisogno di corrente esterna. La produzione di acqua potabile è in grado di sostenere quotidianamente un villaggio di 2000-3000 persone. La commercializzazione inizierà a fine 2012, ancora non si conosce il prezzo definitivo, ma qualunque esso sia varrà la pena spendere in una tecnologia che prende due piccioni con una fava.
La fine dell’euro.
L’Euro non può essere un tabù. Ripristinare la leva del cambio consente non solo di agire sul livello dei prezzi relativi dei beni prodotti in paesi diversi ma anche sul valore delle attività e passività finanziarie senza influire sui rischi di rimborso del capitale.
Per adesso a giudizio.

Evviva il ponte.
e chi se ne frega.
Grazie a @insopportabile]
Un nome un programma.
della polizia criminale dello stato brasiliano di Goias]
L’Europa è morta.
di PaoloBecchi
È necessario liberarsi da un equivoco politico divenuto ormai senso comune, e dal quale dipendono un’infinità di conseguenze: quello di considerare la formazione dell’ Unione Europea come un processo di unificazione politica di tutti i popoli europei e di creazione di una “comunità di diritto” che garantisca pace, diritti e libertà a tutti i “cittadini” dell’Unione. Al contrario, l’Europa è stata fin dall’inizio pensata e costruita come spazio egemonico franco-tedesco. Nel 1948 Adenauer aveva dichiarato: «Il futuro di tutta l’Europa dipende da uno stabile rapporto tra la Francia e la Germania». L’anno successivo replicava De Gaulle: «Io dico che occorre istituire l’Europa sulla base di un accordo tra francesi e tedeschi». Il trattato dell’Eliseo, firmato il 22 gennaio 1963 tra il Generale e Adenauer, segna la definitiva “riconciliazione” franco-tedesca.