La mappa del rischio sismico va aggiornata ed adeguata alla pericolosità effettiva delle aree colpite dal terremoto dei giorni scorsi. Alla luce delle scosse che hanno devastato alcuni comuni del ferrarese, del modenese ed anche del mantovano, bisogna rivedere e rivalutare un rischio trascurato. Questo è quanto si sente ripetere in questi giorni da più parti. Clini stesso ha affermato che va rivista la mappa del rischio sismico ma l’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha replicato, senza tanti giri di parole, che questa discussione è priva di fondamento.
L’INGV ci tiene infatti precisare alcuni punti: anche se quella mappa venisse aggiornata, con i dati raccolti dalle scosse recenti, non ci sarebbero variazioni significative. La zona colpita resterebbe infatti a pericolosità media. Nello specifico in quella zona viene ipotizzata una magnitudo massima pari a 6.2 e le scosse di questi giorni non hanno, effettivamente, superato la forza attesa.
E allora cosa non ha funzionato, è davvero solo questione di aggiornamento delle mappe? Scaricare il barile su sismologi e geologi non porta che a trascurare il vero problema: manca una politica di protezione dalla vulnerabilità sismica. Inutile girarci tanto intorno. I terremoti non si possono prevedere ma i crolli si possono prevenire e scosse di quella magnitudo non dovrebbero causare un numero così elevato di vittime, lo ha ricordato anche Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, nei giorni scorsi, sottolineando che l’Italia non accetta di essere un Paese ad alto rischio sismico.