La musica mantiene giovani. Almeno a livello mentale. E’ questo il segreto delle leggende del rock, ancora sulla cresta dell’onda a 60 anni, o dei cantautori dalle carriere infinite. Da Mick Jagger in giù.
Parola di scienziati. La formazione musicale continua ha un impatto sul processo di invecchiamento. Uno studio americano della Northwestern University, pubblicato online sul ‘Journal Neurobiology of Aging’, mostra anche le prove biologiche di questo effetto positivo.
Gli autori – ricercatori dell’Auditory Neuroscience Laboratory – hanno infatti misurato le risposte automatiche del cervello di musicisti giovani e anziani e di non musicisti. E hanno scoperto che gli artisti più in là con l’età hanno un distinto vantaggio in termini di tempi neurali. “Non solo vantano delle prestazioni migliori rispetto ai coetanei non musicisti, ma riescono a codificare gli stimoli sonori tanto velocemente e accuratamente quanto un giovane non musicista”, spiega Nina Kraus, neuroscienziata della Northwestern University e coautrice dello studio. “Questo risultato non fa che rafforzare la teoria secondo cui avere un’esperienza con la musica e con i suoni nel corso della propria vita ha un profondo effetto sul funzionamento del nostro sistema nervoso”.
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