nel marzo del 1975, viene pubblicato il mastodontico doppio Lp Physical Graffiti. Oltre alle nuove registrazioni, sono presenti sette brani mai inseriti nei loro precedenti lavori.L’album rappresenta una specie di summa delle tappe artistiche del gruppo: c’è l’hard-rock, in brani come “Night Fly” (uscita dalle sessioni di IV) e “Custard Pie”, gentili escursioni acustiche, come in “Bron-Yr-Aur, direttamente dal III. Altri fortunati ripescaggi sono “Houses Of The Holy”, che doveva essere la title track del precedente album, e “Down By The Seaside”, sempre da III.
Sono comunque i brani nuovi a meritare maggiori attenzioni: gli Zeps continuano ad articolare e allungare sempre più le loro tracce. Accanto ad altalenanti brani come “Ten Years Gone”, “In The Light” o la lunghissima (11 minuti, il più lungo brano mai inciso in studio dal gruppo) “In My Time Of Dying”, dove si tenta un ritorno al blues tradizionale, ma in modo goffo e manieristico (basta sentire come Page “violenta” una slide guitar ultradistorta), si piazza il gioiello “Kashmir”, maestoso inno sorretto da un misterioso riff di chitarra, su cui si appoggiano un orchestra d’archi e un mellotron orientaleggiante, su cui Plant declama un testo pieno di luoghi fantastici e antiche civiltà. Si oppongono a questi impegnativi e sfibranti episodi, altre tracce in cui il gruppo ha voglia di suonare cose più immediate: ecco spiegati brani come la simil-funky “Trampled Underfoot” (dal divertentissimo testo in cui la donna è paragonata all’automobile), “The Wanton Song”, con uno strano effetto eco di chitarra e “Sick Again”.
Completano l’album due jam fuori di testa, “Boogie With Stu” (registrata al tempo di IV, e improponibile in quell’abum) e “Black Country Woman (registrata nel 1973), e il gioiello “The Rover”, con alcune delle migliori parti di chitarra mai suonate da Page.
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