In un’annata abbondante di ottimi dischi pop, è impossibile stupire di fronte alla qualità del primo album dei Coldplay, quartetto di ventenni inglesi con inclinazione alla rarefatta nostalgia dei primi Radiohead; né si può parlare di novità assoluta, dato che una manciata di ottimi singoli e un cospicuo contratto con la Emi fanno da tempo annoverare la band tra le future speranze del pop made in Uk.
“Parachutes”, anche se non un capolavoro, è disco assolutamente pregevole, che capitalizza al meglio la credibilità conquistata con gli hit-single “Shiver” e “Yellow” senza presentare soverchie rivoluzioni: a prevalere sono i toni soft, le armonie distese (e mai infiacchite) che sin dall’esercizio ritmico di “Don’t Panic” evocano panorami scarni e silenziosi, sospinti dal cantato ora sofferto (“Spies”) ora brillante (“Sparks”) di Martin, la cui voce ha il merito di risultare credibile sia che affronti il trascinante falsetto di “Yellow” – quanto di meglio in ambito pop ci sia capitato di ascoltare nell’anno in corso – sia che indugi furbamente su note e silenzi nella suadente “Trouble”.(ondarock)