Parla di vite segnate e di occasioni che non arrivano.
Lui una volta studiava da ingegnere, ma ora sotto i ponti ci vive e sulla strada ci lavora. “Salvami dalla notte che verrà, senza mai un nome, senza identità.” Sembra oggi.
Los Angeles è il primo disco del gruppo punk californiano degli X. prodotto da Ray Manzarek è considerato uno dei dischi fondamentali del punk statunitense.
Si tratta di una classica rock band: alla batteria siede D.J. Bonebrake, dal ritmo indiavolato e dallo sguardo che tradisce la sua giovane età, il chitarrista è Billy Zoom, biondo e algido, il basso è in mano a John Doe, innamorato di Woody Guthrie, che scrive e canta, dividendosi alla voce con Exene Cervenka, femme fatale capace di improvvisi picchi di dolcezza.
Si fanno strada per un paio di anni negli stage dal vivo prima di affrontare l’avventura in studio, che li preoccupa: sarà possibile racchiudere in un album in studio la furia esplosiva dei loro live, oramai celeberrimi?
In studio va a dargli una mano Ray Manzarek, la memoria storica dei Doors, altra band californiana (quando la California aspirava alla libertà e non aveva ancora subito il peso della storia), e i quattro lo omaggiano con una versione irriconoscibile di “Soul Kitchen”, caustica e rabbiosa.
Il punk degli X non è classico né ovvio; al suo interno si ritrovano sprazzi di r’n’r, briciole di psichedelia (ascoltare “Nausea” per credere, con quell’organo suonato da Manzarek a straniare l’ascolto), e spesso la rabbia lascia spazio ad atmosfere decadenti e surreali.
Le loro canzoni, tutte scritte da John e Exene, nascono da piccoli avvenimenti, suggestioni, e le liriche seguono un andamento scomposto come fossero frutto di semplici associazioni mentali: emblematico, al riguardo, il brano di apertura “Your Phone’s Off the Hook, but You’re Not”. “Johnny Hit and Run Paulene” è la narrazione di uno stupro e si apre con un riff chitarristico debitore di Chuck Berry.
I pezzi da novanta sono sicuramente la title-track, trascinante e spezzata, “Sex and Dying in High Society”, che mischia sapientemente Lou Reed, i Ramones, e i Modern Lovers del primo album e “The Unheard Music”, che cita T.S. Eliot (nel titolo) e che mostra come Doe vivesse la nascita della No Wave (e del suo manifesto “No New York”) come qualcosa di fertile ed estremamente positivo.
E’ il Brescia l’ultima delle promosse in serie A. La squadra delle ‘rondinelle’ questa sera ha battuto il Torino 2-1 nella gara di ritorno della finale play off conquistando cosi’ il ritorno, dopo cinque anni, nella massima serie. Di Possanzini e Caracciolo (rigore) le reti della squadra di Iachini. Una finale di ritorno dei play off che ha avuto poca storia, con le ‘rondinelle’ sempre in controllo del gioco e il Toro, costretto a vincere, privo della giusta qualita’ e con un gioco abbastanza prevedibile. Dopo la traversa colpita da Cordova, e’ Possanzini a portare avanti il Brescia al 34′ del primo tempo, concretizzando nel migliore dei modi un erroraccio di Gasbarroni e il conseguente contropiede avviato da Bega; e’ l’episodio che cambia tutto e che va a premiare un Brescia accorto, attento a non subire troppo le iniziative di Bianchi (subito pericoloso ma poco preciso) e compagni, schierati da Colantuono secondo il 3-4-1-2.
La minoranza del Pdl che fa riferimento al presidente della Camera Gianfranco Fini vuole modificare alcune norme della legge sulle intercettazioni approvata la scorsa settimana con la fiducia al Senato, come la proroga di 72 ore o il divieto di non pubblicare notizie non coperte dal segreto investigativo, ma annuncia anche emendamenti sulla manovra economica.
Lo ha detto in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano “La Stampa” l’ex capogruppo a Montecitorio del Pdl Italo Bocchino.
Nell’intervista Bocchino dice che gli esponenti della minoranza sono “pronti a votare alla Camera, ma abbiamo il dovere di dire: attenzione perché a causa di due o tre cose pasticciate, rischiano di minare la legge”.
Minzolini: “il mio e’ un tg che e’ geloso della sua immagine tradizionale, di testata trasparente ed imparziale”.
E’ talmente geloso di quest’immagine che nell’ultimo anno non l’ha fatta vedere mai a nessuno.
Un’equipe italiana ha operato una donna al rene superando gli ostacoli delle tecniche tradizionali. Non si pratica un’incisione addominale ma si inserisce il rene all’interno di un sacchetto di plastica protettivo e la sua estrazione avviene attraverso l’apertura naturale rappresentata dalla vagina
Prodigi della chirurgia. Per la prima volta in Italia è stato prelevato un rene senza fare tagli, ma attraverso la vagina: così una donna di 48 anni ha potuto donare il rene al figlio di 2 anni in dialisi. L’intervento è stato eseguito nel Policlinico San Matteo di Pavia utilizzando il robot-chirurgo “Da Vinci”.
Negli interventi tradizionali il rene, staccato dalle sue connessioni, viene estratto praticando un’incisione addominale di circa 7 centimetri. Con questa nuova tecnica, invece, si inserisce il rene all’interno di un sacchetto di plastica protettivo e la sua estrazione avviene attraverso l’apertura naturale rappresentata dalla vagina.
“L’invasività dell’intervento è in questo modo ulteriormente ridotta”, afferma Andrea Pietrabissa, che ha eseguito l’intervento assieme a Massimo Abelli, che ha trapiantato il rene al figlio, e ad Arsenio Spinillo, ginecologo, che ha predisposto la preparazione del campo operatorio in vagina. “In tal modo – ha proseguito Pietrabrissa – l’integrità fisica del donatore viene maggiormente rispettata, con tempi di guarigione prevedibilmente ancora più rapidi”.
Questa tecnica è stata utilizzata per la prima volta al mondo circa un anno fa negli Stati Uniti, nel centro medico dell’università Johns Hopkins di Baltimora, con il quale il San Matteo ha un rapporto di collaborazione.(repubblica.it)