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ottobre 22, 2009

Nostalgia del 68: “I pugni in tasca”

Nell’ottobre 1965 esce il Film  di Marco Bellocchio premiato ai Nastri d’argento del 1965, “I pugni in tasca” (1965) Al centro della vicenda si trovano infatti la religione, la famiglia, l’amore, la patria e la proprietà.
Sulle montagne prospicienti Piacenza, in una villa un tempo ricca ed ora fatiscente, vive una famiglia borghese in un isolamento pressoché totale. La madre dei quattro figli è cieca e non gestisce l’educazione dei figli nè l’amministrazione della casa. Piuttosto è Augusto, il maggiore dei figli e il capo famiglia, che sembra proiettato con la mente al momento in cui lascerà la villa. Il suo lungo fidanzamento con Lucia, una ragazza di città, dovrebbe infatti portare presto al matrimonio. I due fratelli di Augusto, Alessandro e Leone, e la sorella Giulia mostrano d’avere disturbi mentali. Leone è affetto da epilessia e non è in grado di ragionare. Giulia, apparentemente normale, è invece ferma ad uno stato totalmente infantile ed è legata da un rapporto morboso al fratello Alessandro. Quest’ultimo, infine, soffre pure di epilessia, ma dimostra una fredda lucidità mentale. Egli difatti, concepisce diabolici progetti di omicidio nei confronti di tutta la famiglia. Un giorno, avendone l’occasione, getta la madre in un dirupo e affoga nella vasca da bagno Leone. Rivela poi l’accaduto alla sorella, la quale gli si mostra alleata per eliminare Augusto. Alessandro, però, palesa una freddezza, che spaventa Giulia. Durante una crisi epilettica, la ragazza si trattiene dall’aiutarlo, abbandonandolo al suo destino.

Il film ha anticipato i temi della contestazione giovanile i espressi nel 68 in maniera estrema e radicale, ferocemente critico verso le istituzioni borghesi e in primo luogo verso l’istituzione delle istituzioni, la famiglia.. Dopo I pugni in tasca, Bellocchio realizza La Cina è vicina, una commedia satirica sul modo di fare politica della gioventù radical-chic dell’epoca. Era un film che aveva il merito di raccogliere e preannunciare tutta una serie di fermenti, umori, tensioni, che poi sarebbero esplosi l’anno successivo, il ’68, sul terreno sociale e politico, con tutto quello che questo anno cruciale ha significato.

ottobre 22, 2009

Alla consulta la questione del matrimonio fra persone dello stesso sesso

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 Nel 1961 la corte Costituzionale ritenne legittima la proibizione penale del solo adulterio della moglie concludendo in una maniera che oggi sarebbe inconcepibile. Disse all’epoca la Corte    “che la moglie conceda i suoi amplessi ad un estraneo è apparso al legislatore, in base alla prevalente opinione, offesa più grave che non quella derivante alla isolata infedeltà del marito. […..] trattasi di un dato della vita sociale, di un dato della esperienza comune.”

Qualche anno dopo Pier Paolo Pasolini realizzò il documentario  “Comizi d’amore” interrogando gli italiani sulla loro sessualità. Ne venne un quadro molto interessante della società dell’epoca.

Oggi a tanti anni di distanza la Corte Costituzionale è chiamata rispondere sotto diverso profilo agli stessi interrogativi e la risposta che darà marcherà ancora una volta la storia giuridica e civile dell’Italia.  Lo spunto è venuto  dal tribunale di Venezia che non ritenendo infondata una questione di anticostituzionalità della norma, ha chiesto alla Corte Costituzionale di chiarire se il divieto di matrimonio dello stesso sesso sia conforme ai principi di libertà ed eguaglianza sanciti dalla nostra legge fondamentale. Il quesito al quale la Corte dovrà rispondere è il seguente: possono due persone dello stesso sesso contrarre matrimonio civile tra loro? Ciò perché di fronte all’inerzia del parlamento italiano 20 coppie in tutta Italia hanno richiesto all’ufficiale di stato civile del proprio comune le pubblicazioni di matrimonio ex artt 93 ss, cc. ritenendo di essere titolari come tutte le coppie formate da persone di sesso diverso delle medesime prerogative costituzionale e civili ad esse riservate.

Il conseguente diniego ha comportato il ricorso al Giudice che nel caso del Tribunale di Venezia e della corte d’appello di Trento ha rinviato gli atti alla Consulta  sollecitandone la pronuncia.